Suicidio della ristoratrice Giovanna Pedretti, l’analisi del prof. Pieti tra cyberbullismo e superficialità nei giudizi (Ascolta il Podcast)

IL PUNTO dello psicologo e formatore fermano Luca Pieti su cyberbullismo e gogna mediatica: «A livello psicologico, si crea una profonda sofferenza, un senso di assoluta impotenza con conseguenze, abbiamo visto, davvero drammatiche. Non esiste l’oblio informatico e alcuni strumenti, se usati con poca consapevolezza, possono diventare armi quanto lo sono una pistola e i suoi proiettili»

Luca Pieti

***Approfondimento di Cronache Fermane a cura dello psicologo e formatore fermano Luca Pieti, docente presso l’Università degli Studi di Padova e presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, nonché autore del libro “Giovani, social e disoccupati” edito da FrancoAngeli ***

«Ci troviamo purtroppo davanti all’ennesimo fatto di cronaca», inizia così, con queste parole, la sua disamina il prof. Luca Pieti, che non è rivolta ad entrare nel merito di quello che è accaduto alla ristoratrice Giovanna Pedretti recentemente scomparsa.

«Lungi da me il puntare il dito su qualcuno – precisa lo psicologo – quello che posso fare è aiutare a riflettere su due aspetti, che sono centrali in questa vicenda».

La sua analisi propone al lettore di considerare due elementi: il primo è la superficialità, il secondo è la corretta rappresentazione dell’ambiente in cui si agisce.

«Sempre più spesso, in questo periodo, le persone tendono a concentrarsi sugli aspetti più superficiali delle situazioni – riferisce Pieti – trascurando di approfondire. C’è una diffusa tendenza a giudicare in base all’apparenza, piuttosto che davanti a fatti concreti e appurati, ma, soprattutto, con scarsa considerazione delle implicazioni più profonde delle proprie azioni e comportamenti».

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«La rappresentazione corretta dell’ambiente, invece – la spiegazione del formatore – è intesa, in questo caso, come consapevolezza dello strumento che si sta utilizzando e delle conseguenze di questo utilizzo superficiale e non corretto».

A questi due elementi Pieti ne aggiunge un terzo cioè, «la differenza tra i due comportamenti – le parole del terapeuta – uno che conosciamo tutti, soprattutto le persone più adulte, e un altro di più recente comparsa».

L’invito è a riflettere, dunque, sulla differenza tra bullismo e cyberbullismo, che, definisce «sostanziale».

«Nel caso del bullismo – la disamina dell’autore – la persona offesa, per quanto possa provare vergogna, ha una via di uscita, anzi, se ci pensiamo bene, ne ha più di una: cambiare classe, cambiare scuola, ambiente lavorativo, e poi, nei casi più estremi, cambiare città. Nel caso invece del cyberbullismo, l’offeso è esposto ad una gogna mediatica che non ha tempo e spazio, cioè, anche se si chiude in casa, l’offesa rimarrà on line, sia chiaro, per sempre. È un punto, quest’ultimo, che ci tengo a sottolineare – precisa Pieti – perché molti non lo hanno ancora compreso».

«Non esiste l’oblio informatico – ha continuato – la persona che ha subìto questo tipo di offesa, è consapevole che là fuori stanno parlando di lui e che continueranno a farlo senza poterci fare assolutamente nulla. Anche se dovesse rinchiudersi nel sottoscala di casa, là fuori la gogna mediatica continua e continuerà».

«Questo, a livello psicologico, crea una profonda sofferenza, un senso di assoluta impotenza con conseguenze, abbiamo visto, davvero drammatiche. Questi strumenti – la conclusione dello psicologo e docente fermano – se usati con poca consapevolezza (non sono giochi nonostante nell’aspetto siano caratterizzati da interfacce grafiche colorate, facili da usare, alla portata di tutti) possono diventare armi quanto lo sono una pistola e i suoi proiettili».

Antonietta Vitali


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