Approfondimento di Cronache Fermane a cura dello psicologo e formatore fermano Luca Pieti, docente presso l’Università degli Studi di Padova e presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, nonché autore del libro “Giovani, social e disoccupati” edito da FrancoAngeli.
«Influencer, multe e pubblicità occulte. Chiaro che fosse necessaria una regolamentazione. Dopo tanto successo, sembra che per la figura della nota imprenditrice, perché di questo si tratta, sia arrivato il declino, probabilmente momentaneo. Molti, comunque, sembrano concordi nel giudicarla poco onesta e incolparla di aver tradito la fiducia di milioni di follower. Possiamo essere d’accordo oppure no – spiega lo psicologo Pieti – ma in questi approfondimenti il mio obiettivo è di far riflettere, offrire prospettive alternative. La signora Ferragni, come dicevo inizialmente, è un’imprenditrice che ha deciso consapevolmente di mettere in pubblico la sua vita privata, la sua intimità, compresa quella dei figli, con un unico obiettivo: guadagnare denaro, tra l’altro, in modo assolutamente chiaro e limpido. Oggi è un lavoro più che lecito e, perché no, dignitoso».
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«Quello che dovremmo chiederci a mio parere, soprattutto i genitori e a seguire le istituzioni, non è tanto cosa abbia fatto l’imprenditrice di lecito o illecito ma come mai molti, troppi, preadolescenti e adolescenti scelgano Chiara Ferragni come modello e non, per esempio, Samantha Cristoforetti, Fedez e non Luca Parmitano. Questo è il problema serio su cui dovremmo concentrare la nostra attenzione, le nostre energie, sia come genitori che come cittadini» sottolinea il docente di psicologia, Luca Pieti.
«Samantha e Luca (i due astronauti italiani Cristoforetti e Parmitano, ndr), con il loro lavoro, contribuiscono a migliorare la qualità della vita di tutti noi e della società in cui viviamo e vivremo, attraverso la ricerca scientifica e rischiando spesso la vita. Ma i numeri dei followers sono nettamente inferiori, molto inferiori dei sopracitati imprenditori e, cosa ancor più seria, è che gli utenti non sanno nemmeno della loro esistenza nonostante i profili di tutti e quattro siano presenti e a portata di pollice sugli stessi social network. Forse – conclude lo psicologo – sarebbe ora di regolamentare la pubblicità occulta degli influencer ma, credo, sia ancor più necessario regolamentare a livello familiare quello che i nostri figli, sempre più spesso abbandonati nella bolla dell’algoritmo di turno, scelgono come modelli per il loro futuro come uomini, donne, professionisti e soprattutto cittadini».
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