Il sorriso di Maurizio contro la Sla

MONTAPPONE - La storia di Maurizio Cruciani. Affetto da Sla in giovane età, una testimonianza di resilienza e speranza. Ha scoperto la Sla nel 2020 a soli 49 anni, un caso in età giovane. Come quando in campo lottava su ogni pallone però, Maurizio non ha mollato e oggi, nonostante il fisico lo costringa su una sedia a rotelle e possa comunicare soltanto attraverso un tablet, è un esempio di vitalità e forza di volontà. Maurizio continua a viaggiare, a trascorrere le sue ore al bar con gli amici, a seguire le partite allo stadio e a portare avanti la sua grande passione per l’informatica, riuscendo anche a realizzare un programma per l’estrazione della tombola, con la quale ha allietato alcune serate organizzate dalle associazioni del suo paese

di Matteo Achilli

Una vita ricca di passioni, dall’informatica al calcio, tanti amici e una famiglia felice, poi d’un tratto arriva la malattia a minare ogni certezza. Maurizio Cruciani ha scoperto la Sla nel 2020 a soli 49 anni, un caso in età giovane. Come quando in campo lottava su ogni pallone però, Maurizio non ha mollato e oggi, nonostante il fisico lo costringa su una sedia a rotelle e possa comunicare soltanto attraverso un tablet, è un esempio di vitalità e forza di volontà. Maurizio continua a viaggiare, a trascorrere le sue ore al bar con gli amici, a seguire le partite allo stadio e a portare avanti la sua grande passione per l’informatica, riuscendo anche a realizzare un programma per l’estrazione della tombola, con la quale ha allietato alcune serate organizzate dalle associazioni del suo paese. 

«Quello di Maurizio è sicuramente un esempio importante, che ci dà la forza di andare avanti in questo lavoro. Purtroppo il nostro – dichiara la Dott.ssa Valentina Koxha, direttore sanitario del servizio di riabilitazione della Comunità di Capodarco di Fermo – è un percorso atipico, di solito chi va in riabilitazione lo fa per migliorare e tornare alla normalità, nel caso di una malattia degenerativa come la Sla questo non avviene e il futuro nasconde solo peggioramenti. Il nostro compito è quello di assistere ed accompagnare i pazienti nel corso della malattia, cercando di rendere la loro vita e quella di chi li assiste, il più normale ed inclusiva possibile, mantenendo uno stile di vita dignitoso. Un ruolo importante in questi casi, è giocato dal carattere del paziente e dalla sua rete familiare e relazionale. Spesso la Sla colpisce persone di età avanzata, che hanno già una rete sociale circoscritta e che rischia di compromettersi ulteriormente e portare all’isolamento della persona. Nel caso di Maurizio, parliamo di un uomo molto vitale, che ha molte passioni e soprattutto una rete familiare e sociale molto ampia e consolidata, dalla moglie Lara ai figli, passando per i tanti amici di cui è contornato. Maurizio e la moglie sono una coppia giovane e affiatata, ma soprattutto propositiva, non si fermano davanti agli ostacoli che ogni giorno gli si pongono davanti. Cercano sempre la soluzione per superarli, nonostante la malattia corra e spesso si arrivi alla soluzione quando già è obsoleta».

La dottoressa Koxha (foto) si sofferma poi sulle attività che vengono messe in campo per accompagnare i pazienti nelle fasi della malattia, dal centro riabilitazione della Comunità di Capodarco, dove Maurizio è seguito dalla dottoressa Vanina Zampacavallo e dalla fisioterapista Paola Tedeschi. 

«Il nostro è un lavoro di squadra e a 360 gradi, non ci limitiamo all’aspetto della riabilitazione, ma l’approccio con la Sla parte con gli psicologi, che aiutano il paziente e soprattutto i suoi familiari, nel percorso di accompagnamento alle modificazioni fisiche e comunicative, che la malattia implica. L’unità complessa di Neurologia dell’Ast di Fermo, guidata dal dottor Patrizio Cardinali, ha già un’esperienza consolidata nella cura della Sla e collabora molto attivamente con altre realtà di ospedali italiani ed università. Grazie alla tecnologia, oggi interfacciarsi con le altre realtà è molto veloce e pratico e questo ci consente di evitare ai pazienti lunghi spostamenti per avere delle diagnosi. Da parte nostra cerchiamo di fare rete, aiutare i pazienti a reperire ausili, ma soprattutto il nostro obiettivo è quello di trattare a casa i nostri pazienti, perché è una condizione fondamentale affinché continuino ad avere la giusta vitalità. Un invito che vogliamo fare è quello di iscriversi all’Aisla, un’associazione importante per fare rete e creare occasioni di incontro. Lanciamo un appello alle amministrazioni comunali ed ai vari enti, che già hanno fatto molto, ma tanto c’è ancora da fare per rendere i nostri borghi e servizi, accessibili a chiunque, anche a coloro che per muoversi devono utilizzare una carrozzina. Purtroppo ad oggi per alcuni dei nostri pazienti è complicato arrivare in piazza a Fermo e quello delle barriere architettoniche è uno dei motivi che più spesso scoraggiano i pazienti ad uscire di casa».


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