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Mons. Pennacchio, sei anni e mezzo da arcivescovo: «IA? Dalla Chiesa apertura vigile. Nel Fermano servono più luoghi di incontro» (Videointervista)

FERMO - L'arcivescovo ospite ai microfoni di Zoom, il programma di approfondimento di Cronache Fermane su Radio FM1: «Fiero di guidare questa diocesi, fatta di gente concreta che ti da del tu e ti fa sentire benvoluto»
L'intervista a Mons. Rocco Pennacchio, Arcivescovo di Fermo a Zoom

L’arcivescovo di Fermo, mons. Rocco Pennacchio

di Pierpaolo Pierleoni

Un ospite davvero speciale ieri sera ai microfoni di Zoom, spazio di approfondimento di Cronache Fermane su Radio FM1. Protagonista l’arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio. Una chiacchierata a tutto tondo, che ha toccato svariate tematiche: nuove tecnologie, sfide della Chiesa, giovani, anziani, ricostruzione e fasi post pandemia. 

Mons. Pennacchio ha iniziato parlando di intelligenza artificiale, «un fenomeno previsto, ma inatteso nella sua esplosione, non ci aspettavamo un’evoluzione così ampia. Su questi temi la Chiesa ha una posizione di apertura vigile. Va trovato un equilibrio tra ciò che può essere utile al progresso, senza togliere spazio alla discrezionalità umana. Tra l’altro uno dei maggiori esperti italiani di AI è un frate del terzo ordine di San Francesco che conosco molto bene, padre Paolo Benanti».

Dal digitale, la conversazione passa al tema del rapporto con i giovani: «Non vanno mai messe da parte le relazioni reali, anche se i device sono di aiuto. Nei ragazzi percepisco un grande bisogno di stare insieme. Il rapporto con i dispositivi digitali va monitorato per evitare che i figli si isolino. Vedo una difficoltà a trovare luoghi fisici in cui incontrarsi: le parrocchie hanno gli oratori, fanno centri estivi, servizio di aiuto compiti, è più facile far funzionare queste realtà nei paesi più piccoli. A Fermo lavoriamo per vitalizzare sempre di più uno spazio come il San Carlo, che ha una tradizione importante».

Nella società moderna, secondo l’arcivescovo di Fermo, la Chiesa è chiamata «a crescere nella comprensione di questo mondo complesso, ad affrontare temi sui quali in passato c’era chiusura, come l’omosessualità. Viviamo un tempo caratterizzato da una maggiore sensibilità su alcuni argomenti, dal rispetto per l’aspetto fisico degli altri all’orientamento sessuale, fino all’attenzione al problema del bullismo».

Discorso complesso quello della ristrutturazione post sisma delle chiese. «Ne abbiamo circa 80 da sistemare – fa notare monsignor Pennacchio – le procedure sono complesse ed i budget insufficienti, senza un nuovo finanziamento sarà impossibile recuperarle tutte. Ne abbiamo parlato di recente con il commissario straordinario alla ricostruzione Guido Castelli. Procederemo dagli interventi prioritari. C’è ad esempio il caso di Rapagnano, l’unico paese della diocesi a non avere neanche una chiesa agibile. Un altro argomento da affrontare sarà quello di trovare ambienti per ricoverare le opere d’arte custodite negli edifici interessati dai lavori».

La pandemia da Covid ha segnato gli ultimi anni e l’Arcivescovo nota che «non si è più recuperata la partecipazione alle funzioni religiose che avevamo prima del 2020, c’è ancora una prudenza forse eccessiva a incontrarsi negli ambienti chiusi, specie dalla popolazione anziana. Probabilmente c’è anche un altro aspetto: forse il Covid ha messo a nudo delle fragilità e chi aveva una fede meno convinta si è allontanato. Il calo si percepisce anche in altre attività, l’Unitalsi (Pennacchio è l’assistente nazionale) è passata da 40mila a 17mila partecipanti ai pellegrinaggi».

Mons. Pennacchio parla anche di sicurezza e integrazione. «Ci sono alcuni punti del territorio con maggiori criticità, parlavo qualche giorno fa col parroco di Lido Tre Archi, ha subìto una cinquantina di furti da quando è in quella parrocchia. Abbiamo anche un centro Caritas che riceve tante richieste, di fronte al bisogno di aiuto si parla un linguaggio universale. Sicuramente c’è bisogno di una presenza stabile delle forze dell’ordine. L’integrazione, dove ha trovato i canali giusti, si è perfezionata positivamente. Noi dobbiamo pensare non solo ad aiutare chi è in difficoltà, ma prevedere un inserimento in una relazione di comunità».

Mons. Pennacchio chiude con un bilancio dei suoi 6 anni e mezzo da vescovo di Fermo: «Sono fiero di questa diocesi, mi piace la propensione alla concretezza della gente di questo territorio, mi piace che mi diano del “tu” e mi considerino uno di loro. Spero di contribuire a costruire sempre di più la capacità di relazioni tra le persone. A volte si pensa che la spiritualità sia una cosa individuale: Dio non ti chiede un rapporto tra te e Lui, ma tra di noi, la condivisione è importante».


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