«Siamo sulla via della perdizione. Solo l’insurrezione della coscienza potrà salvarci»
L'ANALISI di Giuseppe Fedeli: «Abbiamo seguito uno "studiato" percorso di rovina, tra l'ubriacatura della grande festa e la frenetica intemperanza. Abbiamo elevato la velocità e la corsa al podio a modi d'essere, quando avremmo dovuto gioiosamente dedicarci al raccoglimento ed alla riflessione. Abbiamo cercato di costruire un paradiso materialista, scordando la nostra natura più autentica: alla mercé del dio denaro, falso "generatore simbolico" di conforto»
La via della perdizione “…che la ragion sommettono al talento.”(Inf. Canto V, 39)
La nostra società è dominata da quella che Horvat II definisce una “intemperanza frenetica”, quell’inarrestabile tendenza che si manifesta nella economia moderna attraverso l’individualismo, l’eliminazione di ogni freno inibitore e la soddisfazione di ogni passione disordinata. Si sono imposti modelli di business e politiche economiche che ci hanno condotto, di crisi in crisi, al default economico e alla non sostenibilità. In un suo libro, lo studioso americano auspica come via salutis la costituzione di una “società organica” e gerarchica, orientata verso il bene comune, che si sviluppi naturalmente e spontaneamente, attingendo al patrimonio culturale cristiano: secondo i principi di un ordine, che obbedisce a “urgenze”, che l’uomo moderno avverte nel profondo della sua anima.
Lo aveva profetato Dante nella sua Comoedia, cui il dottor Giovanni Zamponi, umanista fermano (d’adozione), dedica splendide pagine: l’infernalizzazione dei protagonisti dell’opera. Il loro fallimento perfettamente riuscito ci riguardano come qualcosa che può accadere, se non nella stessa configurazione, certo nella loro stessa “forma” d’essenza. La via smarrita ci appartiene, come ci appartiene la sottomissione della ragione all’istinto, assillata dal principio del piacere. Sentiamo l’insidia della libido cupiendi (concupiscenza, pulsione a godere), della libido dominandi (pulsione a dominare sugli altri in tutti i campi della vita), della libido possidendi (pulsione a possedere, avidità, cupidigia, avarizia). Ammantiamo queste libidini di valori positivi: di autorealizzazione, concorrenza, meritocrazia e di altri vani concetti. Non lo vogliamo ammettere, ma siamo schiavi della lonza, del leone e della lupa del I canto dell’Inferno.
Abbiamo seguito uno “studiato” percorso di rovina, tra l’ubriacatura della grande festa e la frenetica intemperanza. Abbiamo elevato la velocità e la corsa al podio a modi d’essere, quando avremmo dovuto gioiosamente dedicarci al raccoglimento ed alla riflessione. Abbiamo cercato di costruire un paradiso materialista, scordando la nostra natura più autentica: alla mercé del dio denaro, falso “generatore simbolico” di conforto e “di-vertimento”. Per finire schiacciati da ansia da prestazione e depressione. “Gli dei del moderno pantheon secolare – individualismo, materialismo e utopismo tecnologico, tra gli altri – ci hanno deluso” (così Horvat II).
Si profilano all’orizzonte nere procellarie, travestite di false soluzioni (e seduzioni) ecologicistiche, ambientalistiche, green, radical chic, che, abdicando alla fides e alla ratio, ci hanno portato sull’orlo del dirupo: una torre di Babele di biblica memoria. Solo una insurrezione della coscienza, tradotta in azioni fattive, potrà salvarci.