di Giuseppe Fedeli *
Nel narrare gli eventi bellici, spesso si utilizzano inquadrature strategiche per trasmettere messaggi e influenzare la percezione del pubblico. Vediamo alcune delle tattiche utilizzate:
In sintesi, attraverso queste inquadrature, si cerca di comunicare emozioni, potere, vulnerabilità e l’ampiezza dell’impatto della guerra sulla vita umana.
Così il giornalista Ennio Remondino sul rapporto simbiotico che, in questi anni, vi è stato tra guerre e televisione. “La televisione non ha certo inventato la guerra, ma ne è diventata ormai la sublimazione, lo strumento indispensabile per confermare o distruggere le ragioni stesse di un conflitto, per esaltarne valori (o bugie) etici e umanitari, per enfatizzare un atto esemplare”.
La guerra è l’immagine di una donna che si sposta a zigzag, di corsa, lungo una via di Sarajevo, sotto il tiro dei cecchini. È l’inquadratura di una strada petrosa e deserta, ai margini della quale sono abbandonati, come mucchi di stracci, corpi di uomini emaciati, barbuti. È una muta sequenza che mostra un aereo conficcarsi in un grattacielo, sullo sfondo di un cielo naif. Senza la tv, la guerra sarebbe diversa, anzi, forse non esisterebbe, come suggerisce provocatoriamente l’autore ricordando i tanti conflitti, riguardanti zone poco interessanti del pianeta, liquidati come “scontri locali” in scarni trafiletti di giornali e agenzie stampa. La guerra è un evento mediatico, che incolla il pubblico al teleschermo, e i network la inseguono con grande dispiegamento di mezzi tecnologici. Ma anche le più importanti operazioni militari hanno bisogno della televisione, perché “le guerre non si fanno più soltanto per vincere, ma soprattutto per convincere”. E le telecamere diventano in questo senso una delle forze schierate sul campo di battaglia, l’arma più adatta a creare il consenso, a condizionare – e a manipolare, sopra tutto – l’opinione pubblica. Al centro non è il fatto in sé, ma l’inganno delle immagini, le “trappole” delle fonti ufficiali, gli impacci-e i dispacci- delle politiche redazionali. In parole povere, una tv che “commercializza” la guerra, e un multiforme esercito di uomini e donne, in lizza per arrivare per primi sul posto, quasi sempre allo stremo delle forze, ma con in mano un paradossale trofeo.
* giudice
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