di Giuseppe Fedeli *
Zombie in vita, giovani per sempre. Proprio perché non vediamo più la fisiologicità del cambiamento, facciamo fatica a prendere
consapevolezza di chi siamo e di chi stiamo diventando. A ogni stagione della vita corrisponde un aspetto (facies), che si riflette sull’interiorità, la quale, a sua volta, condiziona, naturalmente, il primo. Non di meno, oggi si vuole l’uomo (uomo o donna, ormai la
“nouvelle vague” viaggia su entrambi i binari) eternamente giovane, al punto che i passaggi cruciali (dalla adolescenza alla giovinezza, da questa alla maturità, dalla adultità alla terza età…) vengono uniformizzati/appiattiti su un format preconfezionato: che riguarda non solo le parti esterne del corpo, ma, di riflesso, le mille sfaccettature della psiche.
Tutto deve rispondere a una idea, mal concepita, di giovinezza, salutismo, “immortalità”: deve esistere solo una figura omologata anti age: dicono gli anglosassoni, forever young. Tuttavia, così facendo, si stravolge la natura, che viene piegata a esigenze, che contraddicono alle leggi della physis. Sì da violentare quelli che sono i ritmi, e, soprattutto, la cifra psicologica, connaturata ad ogni fase della vita. Riguardo alle donne, sono state definite le “doriane gray”: loro via via invecchiano, ma il quadro che hanno su di sé “modellato”, con un attento make-up e un armamentario di bisturi, rimane, seconda un opinabilissimo punto di vista, intatto: liscio, liposutto, siliconato. Immune alle ingiurie del tempo.
Ma, a squarciare la tela, saranno alla fine le loro unghie adunche, la disperazione davanti al traguardo ultimo. Perché, a volersi preservare giovani, si paga uno scotto fatale, l’assurda velleità sfociando, prima o poi, in un esito terrificante e paradossale: essere i più belli del “viale dei cipressi”, per zombie che si sia diventati.
* giudice
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