Diffama la dirigente scolastica, condannato in primo grado. Tomassini: «Emersa la verità sulla correttezza della mia assistita»

CAUSA - L’avvocato fermano dello studio Lanciotti & Partners, Marco Tomassini, che difendeva la dirigente, costituitasi parte civile, ha manifestato la propria soddisfazione per l’esito del procedimento

Marco Tomassini

Si è concluso ieri mattina, con una sentenza di condanna, il processo di primo grado per l’inputato, difeso dell’avvocato Gianni Antonelli, del reato di diffamazione a danno di una ex dirigente scolastica.

La vicenda, risalente all’aprile 2019, nasce da una lettera dell’attuale inputato, indirizzata a diversi destinatari, tra i quali, oltre alla dirigente scolastica ed il consiglio d’istituto, anche il sindaco di Sarnano, il direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale, la Fondazione Bocelli ed i genitori degli alunni di primaria e secondaria, con la quale venivano manifestati il “disappunto” per alcune decisioni prese in occasione di eventi organizzati dall’Istituto comprensivo. Il tono ed i contenuti della lettera, tuttavia, erano stati ritenuti offensivi dalla dirigente, laddove era stata messa in discussione la sua capacità educativa ed il suo impegno professionale. 

Come hanno poi confermato anche i testi al processo, la vicenda era finita sulla bocca di tutti i sarnanesi e, per tale ragione, non arrivando alcun chiarimento da parte dell’inputato, era partita la denuncia.

L’avvocato fermano dello studio Lanciotti & Partners, Marco Tomassini, che difendeva la dirigente, costituitasi parte civile, ha manifestato la propria soddisfazione per l’esito del procedimento: «I toni della lettera risultavano palesemente offensivi del decoro e della dignità della mia assistita, sia come persona, che quale dirigente, in quanto i contenuti di alcune frasi erano travalicati innegabilmente nell’invettiva gratuita ed immotivata. Questa sentenza non cancella quanto vissuto dalla mia assistita a seguito di questa vicenda, ma restituisce quanto meno un piano di verità in ordine a quello che voleva essere fatto passare come il legittimo esercizio del diritto di opinione e di critica, ma che era evidentemente sconfinato in un’offesa integrante il reato di diffamazione. La mia assistita ha sempre rivendicato la correttezza e la buona fede del suo operato ed altri avrebbero quindi potuto e dovuto essere i modi ed i contesti di confronto. Certamente inadeguate sono state invece le parole utilizzate nella lettera ed inopportuna è risultata la decisione di indirizzarla ad una platea pressoché sconfinata di destinatari»

 


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