di Giuseppe Fedeli *
È una vera impresa, e comunque è difficile comunicare con le nuove generazioni. In disparte -dati i limiti di questo intervento- le cause determinate dal divario generazionale, e dal conseguente mutamento dell’ethos e dei costumi in genere, ciò si deve all’uso, sempre più “massivo”, di un alfabeto e di una sintassi, che si discostano dalle regole che, a suo tempo, noi cosiddetti “boomer” imparammo dai nostri precettori. E se, tra giovani e non, un ponte esiste, esso è nondimeno labile, perché poggia su fondamenta friabili. Cercherò di essere il più chiaro possibile.
Il salto generazionale, da un po’ di anni a questa parte -da quando, è un dato oggettivo, si è imposto il dominio della telematica, e sopra tutto dei social- è talmente lungo, da rendere velleitario ogni tentativo, tra l’adolescente da una parte, e l’adulto, dall’altra, di parlare un linguaggio comune (koinonia): e comunque basato sulle stesse normative logiche e strutturali. La semantica giovanilistica è povera di contenuti, per non parlare del linguaggio dei segni, che rimanda tout court al modulo comunicativo (mainstream) iconico/simbolico dei media e dei loro parenti stretti (leggi computer, smartphone) e connessioni di rete varie. Risultato: il linguaggio, la disamina argomentativa e la sintassi, componenti legate tra loro da un nesso di consequenzialità, sono praticamente inesistenti, e comunque appaiono scarni, insufficienti alla “analisi del testo”. I ragionamenti si rifanno a luoghi comuni e a modi di dire (circuitazione non stop), che, se è vero che connotano lo slang di ogni stagione “giovanile”, tuttavia, oggi, mi pare abbiano perso di spessore: non foss’altro, perché non si registra nelle nuove leve alcuno sforzo, volto a curare l’espressione e la tenuta linguistica, vale a dire la portanza dell’eloquio dal punto di vista contenutistico. Trascrivo da uno dei tanti siti web:” L’adolescente italiano prende in prestito moltissime parole e acronimi dall’inglese americano, la vera culla dello slang di Internet, come le espressioni Lol (per esprimere divertimento) e Btw (abbreviazione di by the way, “a proposito”). Poi, le mescola con l’italiano, le italianizza o le fonde addirittura con il dialetto della sua regione, per dare vita a espressioni a volte particolarissime“.
Questo, però, non significa che i nostri figli siano stupidi o poco intelligenti. Il punto è che la velocità con cui si comunica (laddove, in verità, tutto si fa meno che comunicare) è tale, per cui il linguaggio, contratto dal punto di vista della grafia, è d’ostacolo a una comprensione adeguata da parte dei “non adepti”. Risultato: non saper più nominare (dare il nome “proprio” a)i sentimenti, talché non è possibile farsi capire -anche da chi parla lo stesso linguaggio, ahilui! invischiato nella stessa ragnatela!…-, con conseguente deficit di investimento emotivo ergo di relazionalità. E questo, non è chi non veda, costituisce un limite di non poco conto: perché, se è vero che il linguaggio è la casa dell’essere (Heidegger), e se esso è lo strumento per allacciare un dia-logo con l’altro, in difetto dei mezzi a ciò deputati, il confronto verbale sconterà sempre una carenza di fondo, con l’effetto di vanificare (ovvero complicare) ogni sforzo in tal senso.
* giudice
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