«La religione del “copia e incolla”. C’est plus facile…»

L'ANALISI di Giuseppe Fedeli: «All'esito di una temibilissima (lasciando perdere il politichese...) eterogenesi dei fini, il "copia e incolla", tra cleptomania e ideologia, accampa sul proscenio della (sub)cultura personalità quando banali, quando inquietanti»

Giuseppe Fedeli

di Giuseppe Fedeli *

Anni fa un filosofo italiano, di cui taccio il nome, fu còlto con le pive nel sacco da un suo collega, per aver copiato pressoché l’intera opera di una collega straniera, e -“illuminato” dalla Lampada di Psiche, non solo di lei. L’ “incriminato” si difese dicendo (sic!) che erano cadute le virgolette… Nel solco di quel che accade ormai da tempo e della tecnologia disponibile per il plagio, quegli era in verità un anonimo untore: oggi per copiare e incollare 1000 pagine bastano un paio di clic del mouse. Quando si diffusero i pc (a parte un antesignano come Heidegger, profeta inascoltato) chi prevedeva un futuro privo di senso ammonì, a ragione, che ciò era un guaio serio: sarebbe cresciuta la massa di scritti inutili, il plagio sarebbe diventato una prassi e a scuola nessuno avrebbe più studiato e pensato.

Un esempio illuminante: in una classe si assegna una ricerca a tema: un gruppetto legge, studia e compila a mano un cartellone; un altro copia e incolla da Wikipedia e lo fornisce elegantemente stampato. Al primo un 7, al secondo un 9 pieno. D’altra parte, come resistere alla “tentazione”, se mezzo mondo copia e incolla, i ministri vantano il digitale come fosse la pietra filosofale, il mandala del terzo millennio, e il cattivo esempio viene dall’alto? È un diluvio. Qualche decennio fa si dimise il ministro della difesa tedesco Zu Guttenberg per aver copiato la tesi di dottorato. Stessa sorte è toccata alla ministra dell’istruzione tedesca Schavan, sempre per “reato” di copia-incolla, allungando una lista che comprende europarlamentari, ministri e il presidente ungherese. Et cetera. Quando la pratica dilaga, come un sostanza oleosa si infiltra dappertutto, fino ad arrivare al grottesco: così, tra i commenti critici si leggono propositi insensati. Secondo alcuni, il plagio confuterebbe le tesi copiate. Come dire, se uno copia Aristotele o Kant vuol dire che sbagliavano loro… Insomma, all’esito di una temibilissima (lasciando perdere il politichese…) eterogenesi dei fini, il “copia e incolla”, tra cleptomania e ideologia, accampa sul proscenio della (sub)cultura personalità quando banali, quando inquietanti. L'”ante litteram” di questo ormai consolidato  trend mi riporta alla mente, ma era ben altra cosa… i tempi della scuola, alle versioni di latino e ai compiti di matematica, quando non si sapeva che cosa scrivere e i poveri sprovveduti si guardavano attorno e cercavano di copiare dal compagno più diligente…Forse il “metodo” era meno glam, ma di certo molto più genuino, schietto, veniale…falsamente autentico. D’altronde, di che stupirsi, se si copia-incolla la vita, virtuale o “vera che sia non fa differenza, pur di “somigliare” a un fantoccio/idolo di cartapesta? E poi, siamo onesti: chi è senza “peccato?”: quando, in ambito giuridico, è la stessa Cassazione a sezioni unite, Supremo Consesso garante, in particolare, della esatta osservanza e uniforme interpretazione della legge, ad autorizzare questa modalità operativa?…P.s. È sbarcata sulla terra l’intelligenza artificiale: il cerchio “implacabilmente” si chiude.

* giudice


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