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«Bulimia anoressica» La contraddizione sul cibo nell’analisi di Giuseppe Fedeli

L'ANALISI di Giuseppe Fedeli: «ricchi baccanali da un lato, e digiuni off-limits dall'altro. In questa dimensione “bipolare” non può più essere ricomposto l'io, diviso dalla spada di Salomone. Avranno un bel daffare gli strizzacervelli quando vedranno queste povere larve, adolescenti ridotti in un miserevole stato da adulti frustrati che, per vendicarsi contro un destino ingrato, proiettano l'immagine di un ego inutilmente rincorso sui figli, vittime immolate sull'altare del pensiero unico. A meno di un'insurrezione del pensiero, la fermata è dietro l'angolo». 

Giuseppe Fedeli

di Giuseppe Fedeli *

Oximoron: oggi si vive, possiamo dire, una “lucida follia”. Dispersi senza bussola in questo mare, quello di cui voglio parlare è l’antinomia, la contraddizione insanabile, che rappresenta un dei leit motiv della nostra epoca: la schizofrenia del cibo. Da una parte si bandiscono tavole piene di ogni ben di Dio, e il tubo catodico (o la tv al plasma) ci rimanda immagini delle orge gastronomiche, con tanto di cuochi muniti di statuto di Masterchef, o comunque aspiranti al podio. Cibi e cucine elaborati, pasti per ogni palato ed esigenza, la fantasia e tutto quello che può essere (proposto come) una forma d’arte al potere, perché la cucina è arte riversata in un piatto; e amnistia piena al popolo che se ne sta lì, incollato al televisore, rincretinito, credendo che siano vere le gloriose gesta di questi personaggi eccellenti e virtuali.

Ma tralasciamo un attimo il tema- che pure è scottante- e guardiamo all’altra faccia della medaglia. Alle creazioni dei piatti d’autore si contrappone un tam tam mediatico che impone alle giovani donne di rassomigliare sempre di più a un modello di magrezza (ricordate “Twiggy”, la modella che lanciò negli anni settanta la minigonna?…), perché magro is cool, magro is glam, magro è bello: e in nome di questo credo si arriva al paradosso -anzi, all’abominio- di padre e madre che costringono la figlia un po’ grassottella a seguire diete radicali, minando alle basi un’esistenza fragile e incompiuta. Genitori che allenano i propri figli, perché siano omologati a un cliché, a un paradigma scellerato, nelle cui spire rischiano di soffocare: perché magro è bello, e non si può derogare alle norme sociali, alla norma agendi, sorta di restyling dell’imperativo categorico kantiano. Si spalanca uno scenario inquietante. Ci chiediamo sgomenti: come saldare i due poli per ristabilire una medietas, uno stile di vita improntato alla giusta misura? Allo stato dell’arte, difficilmente si potranno ristabilire i punti di equilibrio. La macchina, il cui cantiere numera vittime giorno e notte, deve far soldi. Questa società dirigista impone un modello da cui non si può di-vertire, e il cui parto è schizoide: ricchi baccanali da un lato, e digiuni off-limits dall’altro. In questa dimensione “bipolare” non può più essere ricomposto l’io, diviso dalla spada di Salomone. Avranno un bel daffare gli strizzacervelli quando vedranno queste povere larve, adolescenti ridotti in un miserevole stato da adulti frustrati che, per vendicarsi contro un destino ingrato, proiettano l’immagine di un ego inutilmente rincorso sui figli, vittime immolate sull’altare del pensiero unico. A meno di un’insurrezione del pensiero, la fermata è dietro l’angolo.

* giudice


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