di Giuseppe Fedeli *
Il Cogito
Quando il pensiero pensante, tradotto in praxis, oltrepassa il proprio limite, tema il destino, ammonivano i greci. Consegnando alla ragione cartesiana tutto il bagaglio della conoscenza sin lì acquisita, epistemologicamente parlando, alle fondamenta che reggevano il sistema antecedente al cogito ergo sum si sostituiscono le basi, che fanno della ragione il perno, intorno a cui ruota la visione del mondo. Aperta alla ragione ogni possibilità di investigazione, e scavalcato quel ponte pericolosamente traballante che poggiava sulle due sponde del mythos e della realtà=certezza, si accampa via via sul proscenio un tecnicismo sempre più onnivoro, esasperato al punto, da fare dell’uomo, artefice della costruzione del primo (la technè, intesa non nel senso di arte, ma di sottomissione dell’uomo, dell’homo cogitans a quello che lui stesso aveva creato), un mero suddito.
Schiacciato dalla potenza di questo Frankenstein (Heidegger, e poi Hans Jonas ne profetarono il funesto avvento), è con la parentesi “mediana” del Romanticismo (che sorge come “risposta” al neoclassicismo) che si interrompe momentaneamente questa corsa irrefrenabile, afinalistica: lo Sturm und Drang porta alla rivalutazione del mito, e delle zone oscure dell’anima, della profonda scissione dell’ego. Alla quale poetica( che ha in sé scolpita la cifra di una rivoluzione culturale) si affiancherà il decadentismo( e, in parallelo, il simbolismo francese), l'”infezione” della coscienza e le latebre dell’io: a latere della razionalità dell’epoca dei lumi si pone l’irrazionalismo visionario di un Blake, il consapevole disincanto di Leopardi, la lucida follia di Holderlin; la forza dirompente, vitalistica della volontà, celebrata da Arthur Schopenhauer; e, infine, l’übermensch di Nietzsche, di cui il vitalismo dannunziano funge da cassa di risonanza.
Oggi si oscilla fra i due poli (l’apollineo da una parte, e il dionisiaco, per usare una dicotomia fin troppo abusata, dall’altra): tuttavia, a governare le sorti e il “pensiero” è, dicevamo, la tecnica, pervasiva al punto, da rendere l’uomo schiavo dei propri fini, e della sua stessa “artificiale” alienazione.
* giudice
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