di Giuseppe Fedeli *
Basta ricette on line, rivogliamo il medico della mutua!
(Rapporto medico-paziente – parte seconda)
“Naturalmente la figura della medicina e del medico come proxima e proximus non va ulteriormente demolita e demoralizzata, ma recuperata, riposizionata e fatta splendere di nuovo. Si può, nonostante tutte gli intralci che le istituzioni sanitarie frappongono tra medico e paziente? Non solo si può, ma anzi si deve, se si vuole conservare almeno un ambito di humanitas nel teatro abumano che stiamo alacremente allestendo” (G. Zamponi, medico e umanista).
Sarei tentato di esordire con una sorta di slogan: basta ricette telematiche, basta ricette telematiche!…basta la distanza fra medico e paziente! Tuttavia, a una riflessione più ponderata, per quanto riguarda il rapporto paziente-medico c’è da dire che i nuovi orizzonti tecnologici hanno apportato molti vantaggi, snellendo le procedure burocratiche, e potenziando il ragionamento clinico: la “condizione senza la quale non” è, nondimeno, che il paziente resti al centro dell’attenzione, e, via via che si implementano i frutti dell’A.I., il medico si ponga di fronte al (suo) caso con sempre maggiore cognizione di causa, senza ridurre il suo ruolo a quello di automa, che ubbidisce a freddi diktat clinico/nosologici.
Domandiamoci, allora, che cosa si intende per diade medico/paziente: altro è tradurre in termini medico-diagnostici quelle che sono le esigenze del paziente, altro ascoltare la sua storia, così da poter cucine su di lui, in una autentica “comunione di sensi”, un abito su misura. In altre parole, l’ “ a-tu-per-tu” medico-paziente si “circolarizza” attraverso il racconto del vissuto, non soltanto “clinico”, di quest’ultimo (in ciò consiste la cosiddetta “medicina narrativa”, di cui si parlerà nella terza e ultima parte). Verrebbe, in tal guisa, a costituirsi tra i poli della diade un “legame” virtuoso, per cui (non soltanto valendosi delle nozioni della scienza medica, ma attingendo anche alla intelligenza artificiale, che deve essere inderogabilmente utilizzata secondo l’etica e la priorità dei diritti umani), il medico individui per il paziente la cura (la terapia) più acconcia. Puntualizzato che la diade persona/medico, nella sua essenza e sgomberato il campo dalle derive, è una diade asimmetrica ma positiva e ad alto contenuto etico (simile alla diade maestro/discepolo), essa ha un quid di sacro: è un recinto chiuso, che non va mai violato, anche perché tratta di aspetti molto delicati e riservatissimi della vita. L’istituzione, lungi dal volersi infiltrare tra i due poli, dovrebbe tutelarne l’inviolabilità in ogni modo possibile. “Bisogna scegliere da che parte stare: non si deve naturalmente mettere in contrapposizione i doveri delle istituzioni verso i singoli e verso la comunità, da una parte, e i diritti inviolabili di una persona, dall’altra; bensì ricalibrare l’invadenza delle prime trasformandola in vera e rispettosa iniziativa tesa a un fine buono con mezzi buoni, e educare la seconda (la persona) a saper realizzare al meglio la propria comunitaria individualità” (G. Zamponi, citato in esergo).
* giudice
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