«Il medico come compagno di viaggio del paziente»

Giuseppe Fedeli

di Giuseppe Fedeli *

Il medico come compagno di viaggio del paziente 

(la medicina narrativa – parte terza). 

“Il considerare diade alienante di per sé il rapporto medico/paziente è una degenerazione del pensiero ideologico. Ma c’è anche l’altra grossa minaccia: che un fattore esterno di controllo e punizione entri a disarticolarla, strumentalizzarla, vanificarla”. (G.Zamponi) 

A volte anche la medicina praticata in forma di peer-to-peer, può, ahinoi, essere utilizzata in funzione antipersonale, sia dal medico sia dal sistema. Ma questa è una deviazione e una perversione, non l’essenza, del rapporto diretto paziente/medico. “La dualità medico-paziente è certamente asimmetrica, perché al medico compete una “potestas” lontanamente – ma non tanto, a ben pensarci – assimilabile a quella di vita e di morte (almeno nel simbolo mitico), ma attualmente è molto più equalizzata rispetto agli anni di Foucault. Purtuttavia è sempre una diade finalizzata al sostegno di un bonum essenziale come quello della salute (e della vita)” (così l’autore citato in esergo). In ciò è differente da molte altre diadi. La sua essenziale bontà può essere messa a rischio solo dal tralignamento dell’uno e/o dell’altro, che non fa parte dell’essenza, ma è solo un possibile accidente. La medicina narrativa è un approccio alla pratica medica che enfatizza l’importanza delle storie e delle esperienze personali dei pazienti nel processo di cura. Essa si basa sull’idea che le narrazioni possono offrire una comprensione più profonda della salute e della malattia, permettendo ai professionisti sanitari di vedere il paziente non solo come un insieme di sintomi, ma come una persona con una storia unica, emozioni e contesto sociale, che reagisce in modo diverso da altri pazienti alla malattia. Di qui l’espressione “esiste il malato e non la malattia”, che sottolinea per l’appunto l’importanza di considerare la persona nel suo insieme, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulla malattia o sulla diagnosi. Oltre i sintomi e le etichette diagnostiche, la investigazione comprende pure le esigenze, le sofferenze e le risorse del paziente, il cui fine è il benessere complessivo del malato. In sintesi, la medicina narrativa può migliorare la comunicazione tra medico e paziente, facilitare una relazione terapeutica più empatica e contribuire a risultati sanitari migliori. Inoltre, questo approccio può anche avere benefici per i professionisti sanitari stessi, aiutandoli a elaborare le proprie esperienze e a prevenire il burnout, promuovendo una maggiore consapevolezza e umanità nella pratica medica. La medicina narrativa è, in fondo, un tentativo di far restare elevato il bonum della diade medico-persona (anche se realizzata in forme multiple e complesse), pur nella presa d’atto della inevitabile presenza del terzo normatore e controllore e organizzatore, che è pur sempre il “contraente forte” -seppur surrettizio- della rete di relazioni che si viene giocoforza a creare tra le figure in campo. 

“Tuttavia, se un paziente solo tra miliardi traesse un bonum da un’accorta attenzione alla sua persona, ipso facto il mondo sarebbe migliore” (G. Zamponi). È questa la scommessa e insieme la sfida delle menti illuminate. 

* giudice


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