«Il tramonto del civismo a geometria variabile, è finito un ciclo»

FERMO - Le bordate del Pd: «In quel voto mancato, si è palesato l’esaurirsi del modello calcinariano, che per due mandati ha retto su una miscela di accentramento decisionale e post-ideologia amministrativa. Un civismo che ha saputo parlare a molti, perché si è sempre guardato bene dal dire chiaramente da che parte stesse»

«Certe fasi politiche finiscono non con un colpo di scena, ma con una sottrazione, con una mancanza. Con un silenzio strategico che, anziché celare l’indecisione, rivela una scelta netta. A Fermo, nella sala consiliare, ieri sera si è consumata – nella forma di un numero legale fatto venir meno, con l’uscita deliberata dall’aula – una rottura che da tempo aleggiava nell’aria, ma che ora si manifesta in tutta la sua evidenza. L’uscita dalla maggioranza della lista “Fermo – La città che vogliamo” è la crepa definitiva nel castello di vetro del civismo locale, che per anni ha tenuto assieme anime eterogenee sotto la guida accentratrice del sindaco». Si apre così la nota del Partito Democratico di Fermo in merito allo strappo in maggioranza del gruppo La città che vogliamo.

«La mozione in discussione riguardava la piena attuazione della Legge 194, un atto politico e culturale di rilievo, centrato sull’accesso all’IVG farmacologica nelle Marche e sul rilancio dei consultori pubblici – proseguono i dem -. A proporla, non era l’opposizione, ma la componente della maggioranza appena fuoriuscita, con il presidente del consiglio Trasatti e i consiglieri Pascucci, Bagalini e Febi, portatrice di una sensibilità progressista da tempo sempre più marginalizzata.
Il sostegno convinto delle forze di minoranza – dal Partito Democratico, con il capogruppo Sandro Vallasciani e i consiglieri Paolo Nicolai e Pierluigi Malvatani, al MoVimento 5 Stelle con il capogruppo Stefano Fortuna, fino a “Fermo Capoluogo” con Andrea Morroni e il capogruppo Renzo Interlenghi, già candidato sindaco della coalizione Fermo Futura, che vedeva anche l’adesione delle liste Fermo Coraggiosa e Agire Locale – aveva creato le condizioni per una discussione alta, finalmente centrata su un tema di civiltà e giustizia sociale.
Ma la risposta è stata il vuoto. Un’assenza non casuale ma calcolata, come lo è ogni sottrazione deliberata di responsabilità. In quel voto mancato, si è palesato l’esaurirsi del modello calcinariano, che per due mandati ha retto su una miscela di accentramento decisionale e post-ideologia amministrativa. Un civismo che ha saputo parlare a molti, perché si è sempre guardato bene dal dire chiaramente da che parte stesse. Ora che il sindaco non è più rieleggibile, quella fragile alchimia va in frantumi. Le identità tornano a galla, i distinguo si fanno insanabili e la direzione presa – sebbene mai ufficializzata – appare sempre più chiaramente orientata a destra, forse anche in vista di un futuro impegno a sostegno della ricandidatura del presidente uscente Acquaroli?!
Così, mentre una parte della maggioranza si smarca e comincia a rivendicare un’identità politica distinta, e le forze di opposizione ricompongono una convergenza ampia e coerente sui temi di fondo, il “civismo” locale si rivela per ciò che è: un contenitore svuotato, funzionale ad una stagione, ma incapace di durare e di incidere in modo lungimirante. Il deus ex machina non tiene più i fili, non per mancanza di lucidità, ma perché ha scelto un differente posizionamento: legittimo, certo, ma ormai non più compatibile con il racconto di un’amministrazione equidistante, pluralista e neutra.
Le forze progressiste non possono restare spettatrici. Né lo faranno. È tempo di rimettere al centro i temi, le visioni, le scelte. Perché la politica o è coraggio o è compromesso a ribasso. E noi, da che parte stare, lo sappiamo bene».

 

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