Festival della Comunicazione: Enrico Mentana e Paolo Ruffini ospiti della prima serata tra informazione e social

FERMO - Tra comunicazione ed informazione, questo il tema affrontato nel'appuntamento di apertura del festival ideato dai Paolini e dalle Paoline, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Fermo attraverso l’Ufficio diocesano delle Comunicazioni Sociali

Si è aperto ieri pomeriggio a Fermo il Festival della Comunicazione, organizzato dai Paolini e dalle Paoline, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Fermo attraverso l’Ufficio diocesano delle Comunicazioni Sociali, avente al centro il messaggio di Papa Francesco in occasione della 59esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Nella serata inaugurale, si è trattato il tema: Tra comunicazione ed informazione. Ospiti speciali della serata Enrico Mentana, noto giornalista di La7 e Paolo Ruffini, prefetto del dicastero della comunicazione della santa sede. 

Comunicare la speranza è il concetto di questa edizione. Speranza che significa futuro e dunque comunicare il bene. Un futuro in cui la tecnologia sarà sempre più presente nell’informazione. 

«Le parole di speranza oggi sono scomode, perché magari non fanno successo con i click, rispetto magari a notizie più forti e scioccanti – esordisce il sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro – Parlare di positività sembra essere controcorrente. Oggi il richiamo forte serve, altrimenti si creano solo circoli viziosi che non fanno bene a nessuno, Non si può vivere solo un clima di impossibilità». 

A fare gli onori di casa l’Arcivescovo Mons. Rocco Pennacchio, che ha voluto fortemente portare questo festival a Fermo. 

«Ringrazio gli ospiti di stasera, Enrico Mentana e Paolo Ruffini, prefetto del dicastero della comunicazione della Santa Sede – le parole di monsignor Pennacchio – sono contento di dare inizio a questo evento. Spesso consideriamo il tema della comunicazione in un’ottica chiusa, a volte provinciale, che crea una ricaduta solo nel nostro territorio. Avere qui il prefetto del dicastero della Santa Sede ci aiuterà ad allargare lo sguardo e comprendere come le connessioni locali e internazionali sono più importanti di ciò che possiamo pensare». 

«Viviamo in mezzo a due guerre vere e proprie, che ci toccano da ogni punto di vista, in mezzo ad altre guerre, come quelle commerciali. Quelle per l’informazione però a mio avviso – le considerazioni del giornalista Enrico Mentana – sono le più pericolose. Quando ci fu la guerra nel Golfo, Papa Giovanni Paolo II fece la famosa preghiera contro la guerra, ma che ormai sembra essere caduta nel vuoto. Per molti il conflitto è un’avventura senza ritorno. L’anacronismo è il problema della nostra informazione. Le istituzioni si scontrano con un mondo che ha perso i valori a causa dell’uso sistematico dell’iper informazione. Da almeno tre papati c’è un Pontifex sui social alla mercé di chiunque voglia commentare. Oggi pensiamo di poter essere interlocutori dell’opinione pubblica, mostrando cosa è giusto e cosa no, ma noi parliamo solo ad una piccola parte di coloro che dovrebbero ascoltare. Gran parte dei giovani non segue più la comunicazione classica, quella novecentesca. Sono arrivati gli anni in cui la tecnologia ha messo gli abitanti del mondo con tante possibilità diverse di informarsi. Oggi purtroppo il web dà la possibilità di dire tutto e il contrario di tutto. I social hanno determinato un appiattimento della comunicazione. Chi scrive un giornale lo fa per il giorno dopo, con la finzione che le notizie di ieri siano quelle di oggi e vanno anche pagate, questo ha reso anacronistica la comunicazione per le nuove generazioni, lo stesso vale anche per i telegiornali. I millennials non hanno nessun rapporto con la convivialità che avevano giornali e tg all’epoca del dopoguerra. Ormai è impossibile fare la guerra alla nuova informazione, che ha una forza inaudita e riesce ad influire sulle masse, decidendo anche le elezioni del paese simbolo dell’occidente. Dobbiamo però provare a fare questa battaglia, altrimenti dovremmo arrenderci».

«Noi viviamo un paradosso, attualmente possiamo ricevere notizie che prima – il pensiero del prefetto Paolo Ruffini – erano impensabili anche solo per i capi di Stato. Purtroppo però non sempre sono vere, quindi bisogna educare il pubblico ad un pensiero sulla comunicazione, come suggeriva anche Benedetto XVI. Uno dei peccati di noi giornalisti è quello di preferire un titolo accattivante, nella presunzione che questo ci faccia avere più ascolti, ma non sempre è vero. Papa Leone ha parlato di una comunicazione disarmata e dunque disarmante, che accetta la sfida del dialogo. Una comunicazione armata non solo della verità che vuole veicolare». 


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