Riceviamo da Giorgio Cisbani e pubblichiamo:
«Rodolfo Dini non c’è più». La notizia che mi giunge al telefono, poiché preceduta da crescenti riscontri che ne annunciavano la fine, non mi sorprende. Non mi sorprende, ma la sua fine mi reca un’amarezza che va ben oltre quella comprensibile e scontata per la perdita di un caro amico e compagno. Ho provato a domandarmi il perché, trovando un’unica risposta, scartando quella, troppo banale, dell’essere suo coetaneo. Nonostante l’ampia scontata consapevolezza che da tempo sia chiusa l’entusiasmante stagione politica che -nel nostro piccolo, insieme a tanti- abbiamo vissuto, la fine di Rodolfo, di quell’epoca, rappresenta un ulteriore sigillo che ne amplifica l’amarezza.
Rodolfo (spentosi ieri all’età di 84 anni, ndr) era divenuto quel dirigente politico che contribuì ad arricchire di sapienza e iniziative il nostro territorio, dopo una prima esperienza in una delle grandi aziende del nord che allora erano solite attingere dal nostro, particolarmente apprezzato, Istituto Industriale. Rodolfo, senza farla troppo lunga, oltre ad una grande sensibilità politica, aveva interessi culturali, specialmente nel mondo della musica, che vanno ben oltre l’appassionato cultore. Non lo vedevo da molto tempo, l’ho sentito qualche mese fa al telefono per un video su Paolo Volponi. In quell’occasione ho preso sorprendentemente atto delle sue sofferenze fisiche. Ma negli anni immediatamente precedenti, sono stato uno di coloro che hanno frequentato la sua casa-studio-museo-biblioteca-con una raccolta di dischi di ogni genere che è impossibile pensare vi fosse, in Italia, un privato che avesse una collezione così ampia. Rodolfo è stato segretario della federazione del Pci di Fermo, consigliere regionale, ecc. ecc. Notizie che, almeno in questi giorni, forse rimbalzeranno un po’ ovunque, comunque non difficili da reperire. Vorrei, invece, ricordarlo con una notizia sicuramente sconosciuta, se non agli adorati nipoti, e due avvenimenti certamente noti (per alcuni) ma non quanto avrebbero meritato, uno in particolare:
Rodolfo é stato qualcosa di più; spero che questo si possa intuire da queste frettolose e scarne mie righe. Nella confusa ricerca di queste ore, oltre ad una foto di oltre cinquanta anni fa, mi è capitato di leggere un suo scritto. La foto (fine anni ’60) lo vede accanto a Josè Luis Cabaco, (universitario a Trento, dieci anni dopo ministro in Mozambico), durante uno dei famosi tornei estivi di basket a P.S.Giorgio. Il breve passo è tratto dalla suo intervento riguardante un ricordo di Marcello Stefanini, rimpianto segretario regionale ed altro. Lo scritto: “ … (è auspicabile) che la politica si nutra di pensieri lunghi, in un esercizio vigile della memoria, finalizzato alla risoluzione creativa dei problemi del presente. Il contrario di dimenticare. … occorre considerare il passato in modo critico … non con la furia collezionista di tutto ciò che è stato”. Certo un discorso un po’ più complicato rispetto a quel qualcosa secondo cui, ad esempio, la città di Fermo sarebbe viva, anche, per i matrimoni (…) e per le feste danzanti (…). Questo mondo del vuoto, del nulla oltre che del malessere giovanile e delle bombe che cadono attorno, dei bambini di Gaza, ecc., è all’opposto di quello auspicato da Rodolfo.Possibile che il suo importante impegno, il suo acume, la sua sensibilità si disperdano senza lasciare traccia alcuna?
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Da secoli non vedo Adriana e le figlie; non conosco i più che adorati nipoti, che da lui sapevo essere pieni di interessi e propositi; sono però certo che tutti loro sentiranno il mio abbraccio che si aggiunge a quello dei compagni che, come me, hanno avuto l’occasione e il privilegio di frequentarlo intensamente.
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