di Giuseppe Fedeli *
Capitano, mio capitano…
“O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato, la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambìto premio è conquistato, vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta (…) -W. Whitman
Sono diventati cinque, ma il conto è provvisorio, gli studenti che hanno rifiutato di sostenere l’orale dell’esame di Stato che conclude le scuole superiori, preferendo accontentarsi di un voto appena sufficiente ottenuto sulla base del curriculum scolastico e delle prove scritte. Dopo i primi due casi di Padova e Belluno, sono emersi anche quelli di un 18enne del liceo classico Canova a Padova e di un 19enne iscritto alle Scuole Pie Fiorentine, e, infine, quello di una studentessa di Piobbico. Le ragioni di questa “levata di scudi” sono molteplici. Da una parte, il ministro Valditara vuole usare il pugno di ferro, in quanto, secondo lui, queste “omissioni” sono il segnale di una tendenza, in atto da tempo, che porta gli adolescenti alla iconoclastia: a distruggere, cioè, i pilastri su cui si regge il sistema.
Dall’altra, si schierano gli studenti “obiettori di coscienza”, che sostengono che l’esame finale non rispecchia il loro modo di essere. In altre parole, il voto che viene dato è il compendio dell’attività svolta durante il percorso scolastico, ma non dà conto di quelle che sono le esigenze e le caratterialità, singolarmente considerate, di ciascun discipulus. Gli esaminandi (già la parola, per le giovani leve del III° Millennio, evoca oscurantismi d’altri tempi) vogliono essere capiti, scandagliati nella loro anima. Perché la scuola non è istruire, ma e-ducare, vale a dire, è il lascito antropologico/culturale del mondo greco-latino, mettere in luce di ciascun allievo la parte migliore. È per questo che chi siede per sostenere l’orale della prova di maturità mette alla pubblica gogna gli insegnanti, colpevoli, a dire dei “facinorosi”, di non interessarsi, appunto, a quello che è il proprium di ciascun discente, alla cura dell’anima (epiméleia tēs psychês: aspetto strettamente legato alla conoscenza di sé, gnosis seautón), come affermava Socrate. Ora: a chi dar ragione, al Ministro o quegli studenti, i quali, temerariamente o coraggiosamente, si sono opposti al sistema? Non è facile dare risposta. Soprattutto considerando che il corpo docente è, per le note ragioni, demotivato, e la temperatura della nazione sempre più al ribasso. Mi permetto di dare un consiglio ai prof di tutto lo Stivale: prendeteli per mano gli studenti, e, a dispetto delle tante ingratitudini e frustrazioni che subite ogni giorno, fate capire loro i valori della vita, la ricchezza dei sentimenti: e, soprattutto, che l’honeste vivere” deve improntare costantemente ogni loro scelta e azione. È questa la missione del vero docens: diversamente, egli resta un semplice messo di programmi ministeriali senza palpiti, e non un capitano (ricordate i versi di Walt Whitman, tema centrale del film “L’attimo fuggente”?…) della flotta. Classe, infatti, significa flotta.
Ps
“Alla commissione ho espresso la mia delusione per l’esperienza vissuta a scuola e ho criticato l’attuale sistema di valutazione basato su voti e crediti”, questa la reazione di uno degli studenti “rivoluzionarî”.
* giudice
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati