La capogruppo regionale del Partito Democratico Anna Casini, torna a parlare del caso che ha visto coinvolto il consigliere regionale Andrea Putzu e la sua presunta non candidabilità nel corso delle scorse elezioni regionali, sollevata nelle scorse settimane da Saturnino Di Ruscio che allora fu il primo dei candidati non eletti nella lista di FdI. Nel mirino della Casini ci finisce il presidente del consiglio regionale, Dino Latini.
«Il presidente del consiglio regionale Dino Latini è venuto meno all’impegno, che si era solennemente assunto in aula lo scorso 5 agosto, di convocare un’apposita seduta per chiarire il caso Putzu. Come volevasi dimostrare, l’attuale legislatura chiuderà i battenti senza aver dato la possibilità ai consiglieri regionali di conoscere se davvero l’esponente di Fratelli d’Italia, legatissimo al presidente Acquaroli, era davvero incandidabile nel 2020 a causa di una condanna passata in giudicato per falso ideologico nel 2018, come denunciato dal suo collega di partito Saturnino Di Ruscio – ha dichiarato la Casini – è evidente che tutto il centrodestra, facendo quadrato intorno a Putzu, ha avuto paura di affrontare il dibattito e di fare chiarezza, lasciando calare una cappa di omertà sulla vicenda. A questo punto non resta che attendere l’esito del ricorso al Tar presentato dallo stesso Di Ruscio».
«A tal proposito – aggiunge Casini – è semplicemente inqualificabile che Latini e i consiglieri di maggioranza dell’Ufficio di Presidenza, Pasqui e Borroni, abbiano dato mandato all’avvocatura regionale di costituirsi nel procedimento al Tar. Un ultimo atto che conclude nel peggiore dei modi i disastrosi cinque anni di Dino Latini alla guida dell’Assemblea legislativa delle Marche, segnati da una direzione dei lavori a senso unico a favore dei gruppi consiliari di maggioranza. Cinque anni che nessuno rimpiangerà e che hanno mortificato il valore istituzionale del consiglio regionale, dimostrando una volta di più l’immaturità democratica delle forze politiche del centrodestra marchigiano, comprese le sedicenti formazioni moderate».
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