P.S.Giorgio, hotel ad un bivio: troppi costi e niente ricambio generazionale «Non è possibile lavorare in perdita»

PORTO SAN GIORGIO - A Rimini li hanno ribattezzati "saldi di fine stagione". Sono le 50 strutture alberghiere messe in vendita e presenti sui portali immobiliari. Un patrimonio che forse andrà perso per sempre. Qualcosa di simile, ma con le dovute proporzioni, potrebbe accadere anche a Porto San Giorgio dove sono rimasti in vita solo 17 hotel, quasi tutti a tre stelle.

A Rimini li hanno ribattezzati “saldi di fine stagione”. Sono le 50 strutture alberghiere messe in vendita e presenti sui portali immobiliari. Un patrimonio che forse andrà perso per sempre. Qualcosa di simile, ma con le dovute proporzioni, potrebbe accadere anche a Porto San Giorgio dove sono rimasti in vita solo 17 hotel, quasi tutti a tre stelle. E, secondo qualche indiscrezione che circola negli ambienti, almeno un paio di loro potrebbero non riaprire i battenti nel 2026 ed uno trasformarsi in residence. Non c’è ovunque un ricambio generazionale (e diverse strutture sono proprio a gestione famigliare), i costi per essere in regola sono elevati ed i margini di profitto sempre più risicati se è vero che, per allungare la stagione, si deve scendere a compromessi ospitando clienti a 50/55 euro per una pensione completa. Così accade per il turismo religioso e per quello sportivo, legato agli eventi promossi dalle Amministrazioni. Ma fatti i conti, c’è chi preferisce chiudere i battenti a settembre e riaprire a maggio.

«Lavorare a 50 euro è impensabile -ci dice un albergatore- non è economicamente sostenibile. Peraltro non c’è continuità, si tratta di occupazioni da un paio di notti e via, mentre le spese per noi restano». Lo stesso albergatore ci mostra qualche calcolo della serva partendo dai dati sulle presenze relative al 2024. «Immaginando che tutte le 17 strutture sangiorgesi siano aperte per dodici mesi, tenendo conto del numero complessivo delle camere e dei relativi posti letto, nonché delle presenze registrate l’anno passato, ebbene ho stimato un’occupazione media giornaliera di 3 camere sul nostro territorio. Ora se il prezzo è di circa 80 euro a camera, l’incasso giornaliero dovrebbe essere di 240 euro. Ma poi ci sono le spese. Gli hotel a tre stelle devono garantire un’apertura per almeno 18 ore, questo significa avere tre receptionist che si alternano per un costo giornaliero di circa 195 euro tenendoci bassi, a cui si devono aggiungere i costi di chi pulisce le camere e sono altri 70 euro per 6 ore. Alla fine le spese, 265 euro, superano di gran lunga l’incasso costringendo spesso le nostre strutture a lavorare in perdita».

Non a caso si viaggia su percentuali di occupazione delle camere molto basse, inferiori al 40%. Nel 2024, per la precisione, del 37% e per i posti letto addirittura del 7%. Non convincono gli albergatori i dati sulle presenze forniti dal Ministero dell’interno perché prodotte su base regionale. Da giugno ad agosto la regione avrebbe fatto registrare, secondo la piattaforma “Alloggiati web” del Viminale, 1.586.574 presenze a fronte di 1.491.266 del 2024 con un incremento del 6,39%. A beneficiarne anche le strutture alberghiere ( + 2,85%) ma soprattutto quelle extralberghiere (+ 9,86). Quello che gli operatori sangiorgesi aspettano con ansia, sapendo di avere già una risposta in tasca, è il dato su base comunale. E qui ci sarebbe di che lamentarsi paventando un calo del 20%. Se va giù il sistema ricettivo sangiorgese c’è il rischio di mettere una pietra tombale anche sul comparto commercio. Gli incentivi, regionali o nazionali, offerti per riqualificare le strutture servono a poco se non c’è clientela. La città ha perso appeal rispetto al passato ed i primi a subirne conseguenze sono stati gli hotel.

In attesa di nuove strategie di rilancio, sperando che non sia già troppo tardi, che passano tanto per la promozione quando per una minirivoluzione urbanistica, l’associazione Ataf ha sottoposto all’Amministrazione comunale una proposta che prevedrebbe la rimozione del vincolo alberghiero senza dover attendere i 5 anni di chiusura, come invece stabiliva la delibera approvata dalla giunta Loira, il cambio automatico e a richiesta da albergo a residence alberghiero (dunque senza una sala ristorante), ma anche una rimodulazione degli oneri compensativi per il maggior valore economico dell’immobile. Tutto ciò perché alcune strutture ricettive non sono più remunerative. Lo scenario non promette nulla di buono. C’è chi ha investito milioni di euro negli anni ed ora si trova di fronte ad un bivio: chiudere per sempre o continuare a lavorare in perdita. Per ogni hotel che decidesse di chiudere l’attività, a Porto San Giorgio si perderebbero non solo un pezzo della sua vocazione e tradizione turistica ma anche posti di lavoro.

Sandro Renzi


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