Sabato è stato un giorno di grande festa per l’Arcidiocesi di Fermo. Nella celebrazione delle ore 20,30 in Cattedrale, presieduta dall’Arcivescovo di Fermo Monsignor Rocco Pennacchio, sono stati ordinati presbiteri i due diaconi transeunti Josè Manuel e Ronny.
Tanti gli amici presenti, i familiari ed i parrocchiani delle comunità pastorali dove i due diaconi hanno prestato servizio in questi anni. Numerosi anche i sacerdoti che, dopo l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria dell’Arcivescovo, hanno accolto con un sincero abbraccio nella famiglia presbiterale i due novelli sacerdoti.
Un richiamo alla fraternità più ampia che è il clero diocesano che il Vescovo Pennacchio ha ricordato anche nell’omelia: «Carissimi Ronny e Josè Manuel (…) oggi si aggiunge una fraternità più grande, sotto la paternità del vescovo: il presbiterio della nostra arcidiocesi di Fermo. D’ora in poi questa appartenenza cambierà la vostra vita e ne determinerà le scelte, non per un semplice legame giuridico ma per un vincolo sacramentale. L’ordinazione presbiterale, infatti, non sancisce solo il culmine di un cammino vocazionale personale ma, molto di più, è la risposta ad una chiamata e ad un discernimento ecclesiale: l’incardinazione come presbiteri in una diocesi è l’esito di tutto ciò».
Continuando a citare un discorso del 2024 di Papa Francesco ai diaconi, l’Arcivescovo ha poi lasciato tre inviti ai novelli sacerdoti: «… essere fedeli cooperatori” mettendo da parte il desiderio di impostare le situazioni con il proprio stile e secondo le proprie idee, e favorire uno stile di comunione. “La Chiesa non chiede di essere leader, ma cooperatori, cioè, coloro che “operano con”. Questo è essenziale, perché la Chiesa, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, è anzitutto un mistero di comunione. E il presbitero è testimone di questa comunione. Coristi, non solisti; fratelli nel presbiterato e preti per tutti; ministri sempre in perenne formazione».
«…essere al servizio del popolo di Dio”, continuando a vivere quanto già sperimentato nel diaconato. “Il diaconato non svanisce con il presbiterato. Sarete preti per servire, conformati a Gesù che «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita» (cf Mc 10,45). C’è allora da custodire un fondamento interiore del sacerdozio, che potremmo chiamare “coscienza diaconale”: come la coscienza sta alla base delle decisioni, così lo spirito di servizio è alla base dell’essere sacerdoti».
«… sotto la guida dello Spirito Santo”. Allo Spirito, che discenderà su di voi, è importante dare sempre il primato. Se ciò avviene, la vostra vita, come fu per gli Apostoli, sarà orientata al Signore e dal Signore, e voi sarete davvero uomini di Dio. Altrimenti, quando si conta sulle proprie forze, si rischia di trovarsi con un pugno di mosche in mano».
L’Arcivescovo poi, richiamando il brano di Vangelo poco prima proclamato all’assemblea in italiano ed in spagnolo (vista la presenza di numerosi parenti di don Josè dal Venezuela), ha concluso la sua omelia ricordando l’importanza della gratuità e della gratitudine. «Imparare la gratuità, imparare ad essere grati, questo è il messaggio evangelico. Siate testimoni di gratuità e così entrerete nella stessa logica di Gesù che tutto ha fatto per noi gratuitamente. (…) Eppure, come accadde ai lebbrosi guariti del vangelo, può succedere anche a noi di dimenticarci dei doni ricevuti. Ricordare e rendere grazie sono atteggiamenti indispensabili nel nostro rapporto con Dio e sono anche i pilastri dell’Eucaristia, perché di fronte al dono che Dio ci ha fatto, altro non si può fare che entrare nel ringraziamento, diventare eucaristici».
Densa e ricca di gesti è stata la celebrazione: l’ «Eccomi!» pronunciato dai diaconi prima dell’omelia, i “Si, lo voglio” a voce alta ad ogni domanda dell’Arcivescovo, le litanie dei santi cantate mentre i due diaconi erano distesi a terra, l’imposizione delle mani dell’Arcivescovo ripetute poi da tutti i sacerdoti presenti, la preghiera consacratoria, la vestizione con stola sacerdotale e casula (dopo aver tolto la stola diaconale), l’unzione delle mani col sacro crisma dei due canditati al sacerdozio e la consegna ai due del “pane e del vino” da offrire all’altare, che attraverso la preghiera eucaristica sarebbero diventati corpo e sangue di Cristo. Una celebrazione piena di emozioni, commozione e tanta felicità. Domenica sono state celebrate le prime messe dei due novelli sacerdoti: a San Domenico per don Josè Manuel, a Sant’Antonio di Padova per don Ronny.
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