Si svolgerà giovedì prossimo la quinta edizione della Cena Ecumenica presso la sede dell’istituto scolastico Carlo Urbani a Porto Sant’Elpidio, iniziativa realizzata in collaborazione della delegazione fermana dell’Accademia italiana della Cucina. Un appuntamento che sta diventando fisso grazie alla sinergia messa in atto e che quest’anno avrà come protagonisti “Gli arrosti, gli umidi e i bolliti”. Proprio questa mattina è stata presentata l’iniziativa che prenderà il via giovedì alle 18 con la presentazione del libro omonimo da parte dell’accademico Roberto Ferretti per concentrarsi sugli aspetti nutrizionali e salutistici del consumo delle carni con Lando Siliquini per poi parlare di cacciagione con Cristofaro La Corte e la razza bovina marchigiana con Marisa Trobbiani prima della chiusura, con i risultati del questionario di confronto, con i ragazzi dell’Urbani, sul cucinare e gustare umidi, arrosti e bolliti. Dopo le conclusioni con la dirigente Laura D’Ignazi ci sarà la Cena a Tema presso la sala ristorante dell’Iiss Urbani.
A portare i saluti dell’istituto in conferenza stampa proprio la dirigente Laura D’Ignazi, presente insieme al prof. Mario Andrenacci: «Un grazie enorme per aver scelto ancora il nostro istituto e per il lavoro che fate quotidianamente – le parole della dirigente rivolgendosi ai rappresentanti dell’accademia – il tutto con risvolti estremamente importanti sia in termini di ricerca che come lavoro pratico. L’accademia è una di quelle realtà con cui si collabora in maniera sempre positiva».
Tra i referenti tecnici dell’iniziativa, curandone anche il rapporto con l’accademia, il professor Enrico Maria Rimbano: «Parliamo di una sinergia iniziata tre anni fa quale presidio enogastronomico nel Fermano perché è importante fa conoscere la tradizione come base per poi crescere e pensare di innovare e portare ingegno. Proprio per questo è importante che i ragazzi, che sono il futuro della ristorazione, valorizzino le tradizioni partendo dalla necessità di non sprecare nulla e rigenerare come avveniva in passato, per il bisogno di sostenibilità».
Parola poi al delegato di Fermo dell’Accademia della Cucina Fabio Torresi. «Siamo tra i promotori della legge regionale che promuove le ricette della tradizione e proprio per questo è stato creato un logo che riconosce all’attività che ha almeno tre ricette tradizionali in menù. Non abbiamo finalità politiche se non quelle di diffondere la cultura e la tradizione. E’ un aspetto chiave perché siamo di fronte ad una perdita delle tradizioni da parte degli operatori del territorio: diventa difficile trovare le nostre radici a tavola, nei ristoranti. Questo vuol dire perdere il contatto con territorio e la nostra storia. Cerchiamo, con il tema dell’anno (le carni, ndr), di sfruttare questa opportunità e di trasporre il tutto come delegazione fermana dell’Accademia. Ringrazio la preside che da tre anni ci dà l’opportunità di trasmettere ai ragazzi questi valori. Voglio ricordare che c’è la proposta di inserire la Cucina Italiana all’interno dei patrimoni Unesco (l’attesa è per il prossimo 10 dicembre, ndr) anche se io preferisco parlare di cucine italiane, al plurale, perché questa diversità è anche la nostra forza. La tradizione si riconosce con la cucina del noi, quella che parla di convivialità, quella della domenica».
Proprio giovedì a presentare il volume “Gli arrosti, gli umidi e i bolliti” sarà Roberto Ferretti, rappresentante del centro studi regionale, che ha ben sei delegazioni territoriali. «Ognuna offre il contributo sul tema dell’anno per il proprio territorio di riferimento. Quest’anno riguarda le carni mentre lo scorso anno il tema erano i legumi. C’è una certa continuità perché i legumi erano la quotidianità in famiglia, per la sopravvivenza, la carne era il momento della festa. Piatti festosi che vengono presentati in momenti pubblici. La cucina italiana non ha una codificazione ma è un intreccio di saperi che si mescola fin dal Medioevo. Questo intreccio fa sì che ogni piatto si contagi e chiami in causa anche i vari ceti sociali. Va rintracciato sempre il minimo comun denominatore di un piatto e va insegnato, a chi frequenta corsi come questi, che bisogna conoscere la tradizione ma, con elasticità, anche aprire lo sguardo tramite la scuola ai nuovi orizzonti. Il sondaggio che abbiamo proposto ha coinvolto 31 ragazzi dell’Urbani e le loro famiglie, abbracciando più generazioni. Si è notato che nella popolazione più anziana c’è un maggiore attaccamento al senso della comunità e molti piatti di carne venivano elaborati nei momenti di festa, di unione, come il Natale, la Pasqua ma anche ad esempio per la “salata”».
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