di Giuseppe Fedeli *
Essere ed esserci
La vita si dispiega nel presente, è un farsi continuo. Il divenire delle cose è una illusione, germina dagli Eterni e Immutabili, che “sono” prima del tempo. Passato e futuro sono due “trascendentali” della conoscenza, che inghiottono nel nulla le rappresentazioni dell’essere, come tali, cangianti e mutevoli: l’assoluto non può “diventare” relativo, ma vive in un presente, la cui distensio è infinita (se si prescinde dall’ a priori kantiano, che è il tempo relativo, storicizzato).
Stare nel mondo significa porre se stessi entro una molteplicità di forme. Nell’istante in cui accade il mondo, l’essere (e l’essere dell’ente) si determina nel qui e ora, moltiplicandosi illusoriamente in tanti e(ss)enti, sparsi in altrettanti mondi. Ma fare mondo significa anche abitare mondi diversi, perché ogni istante è irripetibile. Lo stare nel mondo, tuttavia, si deve stabilizzare attraverso una visione (gnoseologica, noetica ed epistemologica) il più possibile coerente, che, sia, cioè, in linea con l’essere-per-la-vita.
Complementarmente, l’essere-per-la-morte ci fa capire che la pienezza della vita è la chiave di volta: la vita va vissuta pienamente, senza risparmio di energie, secondo misura. Il mondo che accade è una delle modalità dell’essere. C’è anche la dimensione etica, che contrassegna l’agire nel
mondo secondo un assetto valoriale, che non può prescindere dall’epoca storica di cui si è partecipi. L’esserci (il dasein heideggeriano) è la storicità del soggetto, dell’io, dell’in-dividuo, che si trova a fare i conti con una griglia di principi, assunti come valori. Nell’economia del pensiero, la dimensione estetica, infine, è il sentimento dell’aisthesis (in greco, sensazione): non kantianamente inteso, ma come summa e compimento di tutte le energie e delle pulsioni di vita che sublimano ogni forza contraria, sfociando nella creazione suprema: l’Arte.
* giudice
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