«Emergenza abitativa e delirii “europarlamentari”»

Giuseppe Fedeli

di Giuseppe Fedeli *

Emergenza abitativa e delirii “europarlamentari”

Ilaria Salis vaneggia, ma non è una novità. Ha sempre disinvoltamente pontificato, da pasionaria, pur sedendo sui banchi del parlamento europeo come deputata dell’Adv. Forte di un credo in sé giusto ma assolutamente non spendibile ubi (est) societas, è arrivata a strumentalizzare (e qui mi astengo dall’usare qualsiasi avverbio) la morte dei tre carabinieri a Sesto San Giovanni. Un passo indietro, l’origine della tragedia: i tre poveri disgraziati, a cui era stato pignorato tutto, anche l’immobile dove vivevano, avevano messo l’esplosivo su un edificio pericolante, la loro “casa”. Poveri diavoli, che non avevano di che andare avanti. Ma da qui a giustificare le affermazioni della paladina dell’esproprio proletario di nuova marca, ce ne corre. Parole, le sue, “gravemente inopportune e offensive nei confronti delle vittime e di tutte le donne e gli uomini in uniforme che servono lo Stato con dedizione e sacrificio” commentano Enzo Letizia, segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia e Giuseppe Tiani, segretario generale del sindacato di polizia Siap. “Tentare di ricondurre un atto di violenza deliberato e pianificato contro rappresentanti delle istituzioni a presunte cause di disagio sociale o alla ‘crisi abitativa’ significa stravolgere la realtà dei fatti e oscurare la natura criminale e premeditata dell’accaduto. La disperazione o la povertà non sono mai un alibi per la violenza“.

Un conto è parlare della emergenza casa: l’emergenza abitativa, è sotto gli occhi di tutti, è un problema mastodontico, da prendere in serissima considerazione; un conto, invece, dare la patente di legittimità, cavalcandone la bandiera, a un gesto, pur disperato e di disperati, che è costato la morte a tre innocenti, appartenenti all’Arma, che da sempre si batte a fianco della legge e di chi ha diritto di essere tutelato. È un’ignominia politicizzare una tragedia, ma anche un distintivo di cui un certo coté politico mena vanto: salvo poi tenersi stretti i propri odiosi privilegi. Non si può deporre sull’ara sacrificale un diritto sacrosanto come quello all’abitazione, insieme a vite, che sono ormai uno straziato ricordo. Che non dovevano esserci il giorno del commiato, dentro quella omelia. Un atteggiamento, quello dell’anima bella – al secolo Ilaria Salis – di smaccata esibizione, senza vergogna, che non può non sollecitare l’interrogativo, invero inquietante: come fa una persona di tale risma a sedere su uno scranno parlamentare?… Ma, soprattutto: come si fa ad arrivare a dileggiare, o comunque far retrocedere, anche la morte? Davanti all’evento estremo, non c’è alibi, manifesto, scusa che tenga.
Afferma la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli: “Trasformare morte e distruzione in un dibattito sul disagio sociale significa essere complici morali. C’è un limite che non si può oltrepassare, a maggior ragione da chi dovrebbe rappresentare le istituzioni: quello del rispetto per la vita e per la legalità”.
Sulla scia di queste riflessioni, più che la strumentalizzazione, vedo nella ennesima provocazione della paladina dimezzata un cavallo di Troia, per legittimare una distorsione di pensiero, funzionale a ben altri fini.

 

* giudice


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