Il 25 ottobre si è tenuta la terza Assemblea del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia, tappa conclusiva di un percorso iniziato nel 2021 e che ha coinvolto
diocesi, parrocchie, comunità e realtà ecclesiali di tutto il Paese. Durante l’Assemblea è stato approvato con 781 voti favorevoli su 809 votanti il documento finale dal titolo “Lievito di pace e di speranza”, che raccoglie il frutto di quattro anni di ascolto, confronto e discernimento comunitario.
Il testo indica con chiarezza la missione della Chiesa italiana per i prossimi anni: essere segno di unità, dialogo e fraternità in una società spesso segnata da divisioni, chiusure e sfiducia.
A rappresentare l’Arcidiocesi di Fermo erano presenti l’Arcivescovo, S.E. Mons. Rocco Pennacchio e tre delegati: Keti Stipa, Mauro Trapè e Luca Girotti, ai quali è stato chiesto di condividere le loro impressioni e l’esperienza vissuta in questa importante tappa del cammino ecclesiale.
Come sintetizzeresti l’esperienza sinodale con un titolo giornalistico?
«Se potessi dare un titolo a questo Cammino sinodale, dopo la Terza Assemblea alla quale abbiamo partecipato direi che potrebbe essere questo: “Il coraggio del
Vangelo per un domani condiviso e fecondo: la profezia del Cammino sinodale”. Il mio sentire, dopo questa intensa esperienza ecclesiale, lo esprimo facendo mie le
parole del Cardinale Zuppi: «Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose». Ho percepito queste parole come un mandato e una profezia: un
invito a non lasciarsi vincere dalla paura, a non rifugiarsi nell’abitudine o nella nostalgia, ma a lasciarsi ancora una volta spingere dallo Spirito sulle strade del
Vangelo, dentro la vita concreta delle persone, là dove si costruisce la speranza e fiorisce la fraternità. Continuare a camminare crescere affinché diventi modalità
permanente della vita della Chiesa: in un discernimento di ciò che lo Spirito dice oggi alla comunità, collaborare alla missione e rendere vivi i carismi di tutti».
Tante riunioni e centinaia di votazioni, diverse decine di pagine del documento finale, ma … davvero solo in questo si è risolto alla fine l’esercizio sinodale?
«Il cammino sinodale è stato molto più di un esercizio organizzativo, di una stesura e approvazione di documenti di lavoro o di una riflessione interna alla Chiesa.
Per me ancora una volta, questa Assemblea a conclusione di questi quattro anni di Cammino Sinodale, è stata davvero l’inizio di una vera esperienza di corresponsabilità:
un laboratorio di fraternità che ha saputo ispirare anche la vita di ognuno di noi, in diversi contesti ecclesiali e laici. Il metodo dell’ascolto reciproco e del cammino
comune ha mostrato la sua forza generativa: dove ci si ascolta davvero e che porta a far la vera ed autentica speranza. In particolare, per noi italiani, è stato un dono grande
che la Terza Assemblea Sinodale si sia inserita all’interno del Giubileo delle Équipe sinodali provenienti da tutto il mondo. In quei giorni abbiamo potuto respirare
l’universalità della Chiesa e riconoscere che la sinodalità non è un percorso riservato a pochi, ma una vocazione che ci lega come popolo di Dio. Soprattutto, si è percepita
l’importanza di non cadere nel rischio di un cammino parallelo, ma di procedere insieme nell’unico cammino di una Chiesa che vive la comunione, la partecipazione e la
missione nella diversità delle realtà dove siamo chiamati a vivere. Ci siamo ritrovati insieme al Santo Padre, nel contesto del Giubileo delle Équipe sinodali e degli
Organismi di partecipazione, per rinnovare la professione di fede e invocare il dono dello Spirito. È stato un momento di grazia, un segno di unità concreta. Il suo ascolto
attento, le sue risposte mi hanno veramente emozionato perché “si è fatto sentire vicino e in cammino con ciascuno”. Forte l’invito che ci ha rivolto: «essere uniti e
riunirci per essere quel segno autentico di speranza, ma anche un’espressione molto reale della carità cristiana, dell’amore fraterno e della cura reciproca».
Cosa hai imparato dal cammino sinodale che hai vissuto in prima persona?
«Il Cammino sinodale ha mostrato che la sinodalità è servizio! Ci ha rimesso in luce che la vita ecclesiale e quella sociale si costruiscono insieme, come popolo di Dio
in cammino, condividendo la vita, i pesi e le speranze. È nel servire che si cresce in comunione; è nell’ascolto che si riscopre la forza del Vangelo che trasforma i cuori e la
storia. Il cardinale Zuppi ci ha ricordato che “Dio è più grande delle nostre mediocrità”.
È stato un richiamo un incoraggiamento alla fiducia reciproca: anche quando le forze sembrano poche, anche quando la Chiesa appare fragile, lo Spirito non smette di
soffiare. Per questo, penso, che possiamo guardare al domani con serenità continuando a fare scelte coraggiose. La Sinodalità, lo stile del camminare insieme, come fatto in
questi anni, è una via da continuare a percorrere con umiltà e fiducia, sapendo che ogni passo – anche il più piccolo – è sempre un grande segno di testimonianza. Dobbiamo
continuare ad essere lievito di fraternità” nel mondo, in questo modo come dice ha detto il Card. Zuppi, “nessuno potrà impedirci di annunciare il Vangelo”».
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