La Procura della Repubblica di Ancona avrebbe aperto un’indagine per falso ideologico a carico di Andrea Putzu, consigliere regionale e capogruppo di Fratelli d’Italia. Il procedimento trae origine da un esposto presentato da Saturnino Di Ruscio, già sindaco di Fermo ed ex presidente dell’Erap Marche, durante la campagna elettorale per le regionali del 2020, esposto partito da un’inchiesta della giornalista Sandra Amurri che ieri ha rilanciato la notizia dell’indagine.
Di Ruscio, primo dei non eletti nello stesso collegio e nella stessa lista (FdI) di Putzu, ha messo in dubbio, proprio sulla scia di quanto scoperto dalla Amurri, la condizione di eleggibilità di Putzu, sostenendo che l’attuale consigliere avrebbe reso una dichiarazione non veritiera in merito all’assenza di condanne che potessero precludergli la candidatura.
L’indagine, avviata da alcuni mesi, è entrata nel vivo con il sequestro di documenti disposto nei confronti di Putzu all’inizio di settembre.
Il documento finito al centro dell’inchiesta è la dichiarazione con cui Putzu aveva affermato di non essere soggetto alla legge Severino, nonostante una condanna definitiva nel 2018 a otto mesi e venti giorni per falso ideologico, relativa all’autenticazione di alcune firme nelle liste per le elezioni politiche del 2013.
Putzu si è sempre dichiarato sereno e convinto della propria correttezza. Rieletto in Consiglio regionale, l’attuale capogruppo di Fratelli d’Italia ha ottenuto la riabilitazione dalla precedente condanna, che ne ha cancellato gli effetti. Una decisione che, secondo il consigliere, gli consente di proseguire il mandato senza ombre o contestazioni.
«In merito alle notizie apparse in queste ore circa una mia presunta iscrizione nel registro degli indagati presso la Procura della Repubblica di Ancona per l’ipotesi di reato di falso, desidero fornire alcune precisazioni – le dichiarazioni di Andrea Putzu, con una nota diramata stamattina – Non posso non rilevare (…) come informazioni coperte dal più stretto riserbo investigativo siano misteriosamente trapelate e finite in pasto ai social, (generando, secondo Putzu) la gogna alla quale sono stato più volte esposto in campagna elettorale. Sappiamo bene che la ricerca dello scoop a tutti i costi, unico modo per avere attenzione e like, è purtroppo un problema del nostro Paese. Scopro sempre dai social che vengo denunciato dal signor Saturnino Di Ruscio con conseguente ed obbligata iscrizione nel registro degli indagati. Sono quindi indagato come qualsiasi cittadino che viene denunciato, notizia nota da tempo, visto che oramai le querele prima si annunciano sui social poi si presentano nelle sedi competenti. Sono dispiaciuto nel notare la strumentalizzazione che viene fatta in questa vicenda per attaccarmi politicamente, ma sono sereno perché so di non aver commesso alcun reato. Ho il massimo rispetto nelle istituzioni e nella magistratura, sono un garantista, lo sono sempre stato e sempre lo sarò, e non in base al colore politico dell’indagato. Lo sono stato anche per Matteo Ricci, perché indagato non significa colpevole come qualcuno vorrebbe fare credere. Sono certo che la Procura farà correttamente il suo lavoro e potrà constatare che le accuse che mi hanno rivolto sono prive di fondamento. Ho sempre servito le istituzioni con rispetto e continuerò a farlo, con la serenità di chi sa di aver agito nel giusto. Nel merito saranno i miei avvocati a rispondere nelle sedi opportune e certamente non sui social, perché bisogna sempre ricordarsi che la Giustizia è una cosa seria e va sempre rispettata».
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