di Roberto Cruciani
Il primo via libera per la Cucina Italiana a Patrimonio immateriale Culturale dell’Unesco è arrivato e dunque il traguardo inizia ad avvicinarsi a grandi passi. Un momento storico per un intero settore che andrebbe a segnare un passaggio cruciale anche per chi valorizza da anni il Made in Italy nel mondo dell’enogastronomia e del Made in Marche in particolare.
Proprio in tal senso il punto di vista di Angelo Serri, direttore e deus ex machina di quella straordinaria vetrina che è Tipicità, assume un peso specifico importante: «Diciamo che si tratterebbe di un riconoscimento ufficiale – sottolinea proprio Serri – perché la nostra cucina è già conosciuta e ben nota ovunque e, senza alcuna intenzione campanilistica, è riconosciuta come la cucina migliore del mondo dai massimi esperti del settore. Abbiamo prodotti iconici e assolutamente riconoscibili quali il Parmigiano reggiano, il prosciutto San Daniele, la pizza napoletana e la pasta. Sono questi i primi simboli che vengono in mente ma ce ne sono tantissimi. Basti pensare che già i pizzaioli napoletani e la dieta mediterranea, che il nostro territorio ben conosce, godono già del riconoscimento Unesco».
Il riconoscimento generale è importante ma che valore aggiunto potrebbe apportare all’enogastronomia locale del nostro territorio?
«Parliamo di un riconoscimento che darà un valore aggiunto a tutte le nostre produzioni tipiche, rafforzando ancora di più la conoscenza delle nostre peculiarità, in particolare delle Marche, che hanno bisogno sempre più di farsi conoscere. Siamo una regione di piccole produzioni di nicchia: pensare ad esempio al ciauscolo diffuso in tutto il mondo è difficile. Noi abbiamo un altro tipo di valore: i nostri prodotti più che stare sugli scaffali della grande distribuzione debbono essere consumati sul posto, è proprio il connubio strettissimo tra territorio, paesaggio e regione che va valorizzato in maniera unica ed esclusiva».
Per la cucina italiana invece che valore assume?
«Sicuramente sarebbe un punto molto alto perché, forse strano a dirsi, le cucine riconosciute al momento sono solo quattro: francese, giapponese, messicana e sud-coreana. Che non ci sia quella italiana sembra un qualcosa di incredibile. Ma è così. Con Tipicità abbiamo fatto un percorso rilevante a Parigi, nel 2023, durante la settimana della Cucina Italiana nel Mondo. Da quando esiste questa importante manifestazione abbiamo sempre partecipato girando il mondo: da Dubai ad Abu Dhabi, passando per l’Albania, il Quebec, la Tanzania, appunto Parigi ed anche Osaka nel novembre 2024 creando le premesse per l’Expo dello scorso giugno. Ora siamo in procinto di partire per l’Argentina, questo format si svolge ogni anno proprio per promuovere la cucina italiana nel mondo, diciamo il nostro Italian Style, ovvero il modo di vivere all’italiana. Proprio nel 2023 a Parigi, insieme al Ministro Lollobrigida, si è intensificato il nostro contributo come Regione Marche alla valorizzazione proprio di questo stile».
Andando nel concreto quali possono essere i vantaggi effettivi derivanti da questo riconoscimento per i nostri prodotti e le nostre peculiarità?
«Non vedo vantaggi nell’ordine delle vendite ma come innalzamento della qualità della conoscenza del valore dei cibi che sottolineano la nostra storia. Ritorno al discorso del ciauscolo, tipico non solo perché arriva da una parte delle Marche ma perché risalente probabilmente al periodo longobardo, un prodotto unico nel suo genere. Penso anche, ad esempio, ai vincisgrassi, che riflettono la nostra civiltà contadina, celebrando il giorno della festa con un messaggio che arriva dalle nostre campagne e la nostra cultura contadina dove non si sprecava assolutamente nulla. Il nostro territorio è questo: mare e montagna in pochi chilometri. Prendendo una cartina delle Marche ci possiamo divertire a disegnarci sopra tanti prodotti di ogni genere. Abbiamo vini che cambiano da una vallata all’altra, una diversificazione totale da est ad ovest, da sud a nord. Vantiamo un pesce tra i più pregiati al mondo, nella fascia che va dal sud del Conero fino al Piceno. Parliamo di altissimo pregio e valore dovuti anche al fondale e alla bassa profondità, alla salinità e al microclima che abbiamo. Possiamo parlare di Vivere alla Marchigiana in un certo senso».
Chiudendo, torniamo un attimo proprio a Tipicità e cosa porterebbe di nuovo tale riconoscimento?
«Tipicità starebbe sotto questo ombrello e sarà anche una responsabilità maggiore, ossia fare in modo che questo riconoscimento Unesco non venga svilito. Servirà farci interpreti di una sempre maggiore qualità che rispecchi i valori del territori, del bello che si coniuga a buono. Basta affacciarsi da una qualsiasi finestra del nostro territorio: i paesaggi e ciò che puoi apprezzare, ti riconciliano l’anima».
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