Il consiglio comunale di Fermo dice no al Salario minimo comunale. I promotori: «Occasione persa per la città»

FERMO – La mozione era stata presentata da Fermo Capoluogo e Partito Democratico, contraria la maggioranza (tre gli astenuti). Interlenghi e Vallasciani: «La maggioranza probabilmente preferisce elargire prebende assistenziali, tipico esempio di clientelismo in stile vecchia Democrazia Cristiana, altroché civismo. Si è preferito rinunciare a una misura di buon senso»

Era il quarto punto all’ordine del giorno del Consiglio Comunale di ieri sera quello relativo all’introduzione del salario minimo comunale, proposta presentata dal Partito Democratico e da Fermo Capoluogo ma stata respinta dalla maggioranza, con tre astensioni.

Chiara ed evidente l’amarezza di Renzo Interlenghi, capogruppo di Fermo capoluogo, e del capogruppo Pd Sandro Vallasciani: «Questa maggioranza delle meraviglie, che tanto si prodiga a comunicare i successi nella realizzazione delle opere pubbliche, se ne infischia della condizione di migliaia di lavoratori che, senza contratto collettivo nazionale, senza tutele, sono costretti al doppio o triplo lavoro per portare a casa un salario decente. Probabilmente preferisce elargire prebende assistenziali, tipico esempio di clientelismo in stile vecchia Democrazia Cristiana, altroché civismo. Un civismo di facciata che non solo ha scientemente deciso di abbracciare la destra, ma ne ha preso anche i valori, ovverosia: i poveri restino sempre più poveri, al massimo avranno qualche beneficio sulla Tari»


«
La nostra era, ed è, una proposta chiara, concreta e già adottata con successo in molte grandi città italiane, che intendevamo portare anche nel nostro territorio per garantire maggiore equità e dignità nel lavoro. – continuano i capogruppo – La mozione chiedeva all’amministrazione di introdurre la precondizione obbligatoria nella stesura del testo di tutti gli appalti Comunali e di tutti i contratti sottoscritti dagli enti controllati dal Comune che tutti i lavoratori che saranno impegnati nelle attività previste dai predetti contratti, dovranno avere un salario minimo di 9 euro l’ora, così come chiesto a livello nazionale da molte forze politiche. Un impegno minimo, ma essenziale, per contrastare il lavoro povero e garantire condizioni contrattuali e retributive adeguate a chi ogni giorno svolge mansioni fondamentali per la collettività. Città come Livorno, Bacoli, Napoli, Genova, Perugia hanno già scelto di introdurre norme simili, riconoscendo la necessità di un ruolo attivo delle amministrazioni locali nel promuovere giustizia sociale e qualità del lavoro. Questi esempi dimostrano che uno strumento di questo tipo è non solo possibile, ma utile, efficace e pienamente compatibile con le competenze dei Comuni».

«La mancata approvazione della nostra mozione – concludono – rappresenta dunque un evidente passo indietro per Fermo. Ancora una volta si è preferito rinunciare a una misura di buon senso, che avrebbe potuto proteggere lavoratrici e lavoratori dai rischi di sfruttamento e contribuire a migliorare la qualità dei servizi pubblici della nostra città. Come gruppo di Fermo Futura continueremo a lavorare su questo tema con determinazione, portando avanti un impegno che per noi è prima di tutto politico e sostanziale: il lavoro deve essere dignitoso, equo e tutelato per tutti».

«Ribadiamo con forza che Fermo merita politiche coraggiose, capaci di guardare alle migliori pratiche amministrative del Paese e di mettere al centro le persone. Non rinunceremo a questa battaglia. Perché una città che rispetta il lavoro è una città che cresce e perché sotto i nove euro non è lavoro ma è sfruttamento».


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page


Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati




Gli articoli più letti