Festival Storie, il Comandante Alfa emoziona il Teatro di Montefalcone Appennino

EVENTO - Il Comandante ha parlato dei sacrifici imposti ai suoi familiari, della rinuncia alla normalità, della paura che bussava alla porta senza mai entrare, ma sempre presente

Ci sono eventi che non si dimenticano. Eventi in cui il teatro non è solo un luogo fisico, ma un contenitore vivo di emozioni, respiri trattenuti, verità. È quello che è accaduto al Teatro del Falco a Montefalcone Appennino, durante il 5′ Festival Storie, quando il sipario si è aperto su una figura che da decenni vive nell’ombra: il Comandante Alfa, fondatore del GIS, leggenda dell’Arma dei Carabinieri.

È entrato sul palco con il volto coperto, come sempre. Eppure, mai come questa volta, si è mostrato in tutta la sua umanità. A dialogare con lui il giornalista Maurizio Socci, in un incontro reso possibile dalla sensibilità di Alberto Federico Marini, ambasciatore dei Sibillini, e dal supporto di Piernicola Abbati, che hanno trasformato un evento in un dono prezioso per l’intera comunità.

Prima dell’intervista, hanno portato i saluti istituzionali il sindaco Cesare Milani, il prefetto Edoardo D’Alascio, il sottosegretario alla presidenza della Giunta regionale Silvia Luconi, il consigliere regionale Andrea Cardilli. Un abbraccio delle istituzioni a una conversazione che parlava di memoria, identità, impegno. Ma il momento più inatteso e toccante è arrivato quando il Comandante Alfa ha rivelato che, per la prima volta nella sua vita, stava parlando davanti alla figlia, presente in sala. Una frase semplice, quasi sussurrata, che ha attraversato il teatro come una scarica emotiva. Il pubblico ha visto un eroe dell’ombra farsi padre, uomo, cuore vulnerabile. E proprio mentre ricordava i decenni trascorsi tra missioni, operazioni impossibili e silenzi necessari, la voce del Comandante Alfa si è incrinata. Ha parlato dei sacrifici imposti ai suoi familiari, della rinuncia alla normalità, della paura che bussava alla porta senza mai entrare, ma sempre presente. In quel momento, la distanza tra palco e platea si è dissolta: tutti erano parte della stessa storia.

Nelle sue parole vivevano 47 anni di servizio, gli anni di piombo, le scorte ai Capi di Stato, le notti insonni, i compagni perduti, gli ostaggi liberati. Ma anche le piccole cose: il ritorno a casa senza poter raccontare nulla, lo sguardo di chi ti ama e ti chiede solo di tornare vivo. Per lui, lo ha ripetuto con forza, difendere la legge non è mai stato un incarico: è stata la ragione stessa della sua esistenza.

Al termine dell’incontro, la sua figura – imponente eppure così umana – si è avvicinata al pubblico. Ha firmato copie del suo libro “Liberate gli ostaggi”, ha stretto mani, ha ascoltato le voci di chi, per un attimo, ha potuto guardare negli occhi un protagonista silenzioso della Repubblica. La partecipazione del Comandante Alfa al Festival Storie non è stata solo un appuntamento culturale: è stata una carezza alla memoria collettiva, un invito a ricordare che dietro ogni uniforme ci sono persone, famiglie, sacrifici. E che le storie più grandi spesso non sono scritte alla luce del sole, ma custodite nell’ombra da chi sceglie il dovere, il coraggio e il silenzio.

Una serata che Montefalcone Appennino porterà nel cuore per molto tempo. Perché quando un uomo abituato a nascondersi decide di mostrare la sua emozione, allora sì: quella è Storia, quella è verità, quella è comunità.


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