Lettera aperta di “Donne di Destra” a Calcinaro: «la vita umana inizia dal concepimento»

DONNE - «Il progetto politico ribadisce la necessità di tutelare la vita umana fin dal concepimento; garantire una reale e completa informazione sui rischi dell’aborto farmacologico; difendere la salute delle donne, evitando scorciatoie che le lascino sole; salvaguardare l’obiezione di coscienza esplicitamene prevista come diritto per il personale sanitario; assicurare che i consultori restino luoghi di pluralismo, responsabilità e sostegno»

Le recenti notizie apparse sulla stampa e le dichiarazioni diffuse in merito alle politiche sanitarie della Regione Marche sul tema dell’interruzione volontaria di gravidanza sollevano interrogativi da parte delle “Donne di Destra”, soprattutto alla luce del cambio di indirizzo emerso negli ultimi mesi.

«Le dichiarazioni dell’assessore alla Sanità Paolo Calcinaro confermano – si legge nella lettera aperta – una discontinuità significativa rispetto all’impostazione adottata dalla precedente amministrazione regionale, che aveva scelto un approccio improntato alla prudenza e alla tutela effettiva della salute delle donne – fanno sapere le esponenti del progetto politico Donne di Destra – si ricorda infatti che il precedente Assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini, aveva limitato l’utilizzo della RU486 entro la settima settimana di gravidanza e in ambito ospedaliero, proprio per garantire condizioni di maggiore sicurezza clinica e per evitare una banalizzazione di una procedura che presenta rischi e conseguenze non trascurabili. L’attuale orientamento dell’assessorato appare invece fondato su una lettura della Legge 194/78 che tende a trasformare l’interruzione di gravidanza in un presunto diritto soggettivo, quando la norma non ha mai introdotto un diritto all’aborto, ma ha previsto un percorso volto alla prevenzione, al sostegno e alla tutela della maternità».

«Ribadiamo un principio che riteniamo essenziale: la vita umana inizia dal concepimento – aggiungono, nella loro lettera, da Donne di Destra – si tratta di un dato scientifico ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica. La RU486 non è una terapia, ma un farmaco che interrompe deliberatamente una vita umana nelle sue prime fasi, come più volte evidenziato anche in ambito medico-scientifico. Allo stesso tempo, desta forte preoccupazione il fatto che nel dibattito pubblico venga spesso sottovalutato l’impatto dell’aborto farmacologico sulla salute fisica e psicologica – sostengono Donne di Destra – delle donne, in particolare quando si promuove l’uso del farmaco al di fuori di un adeguato contesto ospedaliero. (Eventuali, ndr) Emorragie, infezioni e complicanze non possono essere minimizzate o taciute. L’estensione dell’utilizzo della RU486 ai consultori e la spinta verso l’interruzione di gravidanza senza ricovero rappresentano, a nostro avviso, un arretramento sul piano della tutela sanitaria, con il rischio di lasciare le donne sole in un momento di particolare fragilità. Riteniamo inoltre grave che l’obiezione di coscienza venga descritta come un problema organizzativo. Essa costituisce un diritto riconosciuto dall’ordinamento e un presidio fondamentale di libertà individuale e professionale. Metterlo in discussione significa indebolire il pluralismo e la qualità del servizio sanitario».

In conclusione: «I consultori familiari, infine, non devono essere luoghi di esclusione ideologica, ma spazi di accoglienza, informazione completa e sostegno reale. La Legge 194/78 tutela non solo l’autodeterminazione, ma anche la maternità e la vita nascente, prevedendo interventi finalizzati a offrire alternative concrete all’interruzione di gravidanza. Donne di Destra ribadiscono la necessità di tutelare la vita umana fin dal concepimento; garantire una reale e completa informazione sui rischi dell’aborto farmacologico; difendere la salute delle donne, evitando scorciatoie che le lascino sole; salvaguardare l’obiezione di coscienza esplicitamene prevista come diritto per il personale sanitario; assicurare che i consultori restino luoghi di pluralismo, responsabilità e sostegno. Su temi così delicati chiediamo prudenza, rispetto e senso di responsabilità, nell’interesse delle donne, dei più fragili e della società tutta».


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