Uil: «Nelle Marche occupazione in calo, cresce l’inattività e l’industria ricorre agli ammortizzatori»

LAVORO - «Il messaggio che emerge è chiaro – commenta Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche – e cioè che la nostra regione sta entrando in una fase di fragilità strutturale del mercato del lavoro. Lo ripetiamo da anni: servono politiche attive del lavoro, un piano industriale regionale condiviso e investimenti su qualità del lavoro e sicurezza. È urgente che la Giunta regionale intervenga con un piano industriale serio e condiviso che rilanci il tessuto produttivo, economico e sociale»

Claudia Mazzucchelli

«Il 2025 si chiude lasciando alle Marche un’eredità pesante sul fronte del lavoro. L’analisi dell’Ufficio Studi della Uil Marche sui dati del terzo trimestre dell’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’Inps, restituiscono un quadro segnato da occupazione in diminuzione, aumento degli inattivi e crescenti difficoltà dei distretti produttivi, con effetti che rischiano di protrarsi nel nuovo anno. Gli occupati scendono a 652mila unità, 8 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2024 (-1,2%), un calo più marcato di quello del Centro Italia e in controtendenza rispetto alla stabilità nazionale. Il tasso di occupazione si ferma al 67,9%, perdendo quasi un punto in dodici mesi. Ma la diminuzione dei disoccupati (-5 mila, -14,6%, tasso al 4,4%; in controtendenza rispetto ai valori del Centro +3,1% e dell’Italia in generale +0,8%.) non va letta come un miglioramento strutturale, ma come un effetto diretto dell’aumento dell’inattività, che sottrae persone al mercato del lavoro: 11mila persone in più (+4,5%), la maggior parte tra le forze di lavoro potenziali, segnale di una rinuncia crescente alla ricerca di un impiego. Il tasso di inattività sale così al 28,9%». E’ quanto sostengono dalla Uil Marche.

A pesare, secondo il sindacato, è soprattutto la crisi del lavoro autonomo, che perde 22mila occupati (-13,8%), mentre il lavoro dipendente cresce di 14mila unità. Una dinamica che mette in evidenza la fragilità di un tessuto produttivo fondato su micro e piccole imprese. Il calo colpisce in particolare gli uomini, mentre l’occupazione femminile registra un lieve aumento, senza però colmare un divario di genere che resta vicino ai 9 punti percentuali.

«Dal punto di vista settoriale, il saldo negativo – aggiungono dalla Uil – è determinato dal crollo degli altri servizi, non compensato dagli aumenti registrati in industria, costruzioni e commercio. Sul fronte dei contratti, nel periodo gennaio-settembre 2025 le assunzioni restano sostanzialmente stabili, ma quelle a tempo indeterminato continuano a rappresentare una quota ridotta, mentre prevalgono i contratti a termine, intermittenti e stagionali, alimentando precarietà e lavoro povero. A rafforzare il quadro critico interviene il ricorso agli ammortizzatori sociali: nel terzo trimestre sono state autorizzate 17,6 milioni di ore di Cassa integrazione e fondi di solidarietà, con un aumento del 16,2% su base annua. La crescita è imputabile quasi interamente all’industria, in particolare ai settori tessile-abbigliamento e pelli-calzature, pilastri dell’economia regionale oggi esposti alle incertezze internazionali. Preoccupano anche i dati dell’artigianato, con oltre 830 mila ore autorizzate dal Fondo di solidarietà bilaterale.
Allarme infine su sicurezza e salute: nei primi dieci mesi del 2025 aumentano infortuni e, soprattutto, quelli mortali, concentrati nell’industria manifatturiera e tra i lavoratori più anziani. Crescono anche le malattie professionali, in particolare quelle legate a disturbi psichici e stress lavoro-correlato».

«Il messaggio che emerge è chiaro – commenta Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche – e cioè che la nostra regione sta entrando in una fase di fragilità strutturale del mercato del lavoro. Lo ripetiamo da anni: servono politiche attive del lavoro, un piano industriale regionale condiviso e investimenti su qualità del lavoro e sicurezza. È urgente che la Giunta regionale intervenga con un piano industriale serio e condiviso che rilanci il tessuto produttivo, economico e sociale. Sul fronte della sicurezza, è necessario rafforzare la prevenzione, la formazione e la qualità del lavoro e dell’impresa. Ogni infortunio può e deve essere prevenuto: investire in sicurezza non è un costo, ma una responsabilità sociale e civile. È tempo che la politica e le istituzioni si assumano la responsabilità di dare risposte concrete perché la tenuta sociale e democratica del Paese passa prima di tutto dal lavoro».


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