Referendum sulla riforma della giustizia, a Fermo nasce il Comitato per il Sì: «Separazione delle carriere, una scelta culturale»

Il Comitato per il Sì risponde al fronte del No: «Non è la riforma, è vero, che risolve da sola i problemi della giustizia, ma affianca l’efficienza alla garanzia del giusto processo. Inquirente e giudicante richiedono competenze e professionalità diverse e questa distinzione migliora la qualità del sistema. Non c’è alcuna subordinazione del Pm all’Esecutivo, né un arretramento dei diritti: al contrario, si crea la base per una riforma complessiva capace di rendere i processi più equi e più rapidi, riducendo come il ricorso molto frequente alle intercettazioni e limitando indagini inutili, con un beneficio concreto per i cittadini e per l’intero sistema giudiziario». Il referente De Minicis: «Ripristinare l’equilibrio tra accusa, difesa e giudice».

Il comitato per il Sì

Un confronto diretto su uno dei nodi più discussi della giustizia italiana: la riforma costituzionale della magistratura. Si è svolta in mattinata, a Fermo, la conferenza stampa di presentazione del Comitato provinciale per il Sì, a favore della separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante. Insomma tra pubblici ministeri e giudici. Un concetto che sarà rilanciato da postazioni allestite nei vari Comuni del territorio.

Simone Mancini

«La separazione delle carriere non è una battaglia politica, va precisata questa cosa, ma una battaglia di diritti e giustizia che ci vede coinvolti come avvocati, al di là del credo politico di ognuno» ha tenuto a precisare l’avvocato Simone Mancini, presidente della Camera Penale di Fermo, responsabile regionale dell’Osservatorio Carceri Ucpi, prima di passare la parola alla collega Francesca Palma.

 

Consigliere del Consiglio Nazionale Forense, già presidente dell’Unione Forense delle Marche e dell’Ordine degli Avvocati di Fermo, nonché delegata all’Organismo Congressuale Forense per il Distretto delle Marche, Palma ha sottolineato come questa riforma sia attesa da 40 anni.

Francesca Palma

«È veramente importante il momento e lo è particolarmente per noi avvocati perché è un riconoscimento della nostra funzione sociale e anche della funzione costituzionale che comunque abbiamo, ma soprattutto è importante per i cittadini. Lo ha affermato anche il Presidente del Consiglio nazionale forense, aderendo al Comitato per il Sì: “I veri protagonisti del processo non sono né i magistrati né gli avvocati, ma le persone nei confronti delle quali viene pronunciata una sentenza, ovvero il popolo italiano. Il pieno riconoscimento del diritto di difesa è essenziale, tanto nel processo penale quanto in quello civile, dove troppo spesso noi avvocati veniamo percepiti come un ingombro”. La nostra Camera Penale è intitolata a Gianfilippo Benedetti. E Benedetti, uomo di sinistra sicuramente, mi ha “insegnato” la separazione delle carriere. Questo è importante per capire che la tutela dei diritti è al di sopra degli schieramenti. Si tratta della libertà e della tutela di tutti, per questo io invito a votare Sì».

Stefano Girotti Pucci

A farle eco, l’avvocato Stefano Girotti Pucci in rappresentanza del CoA: «Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del Tribunale di Fermo sostiene la campagna per il Sì al referendum, in sintonia con la posizione espressa dal Consiglio Nazionale Forense, sottolineando l’importanza di tutte le riforme che (…) contribuiscano a rafforzare il pieno riconoscimento del diritto di difesa sia nel processo penale che in quello civile, dando concreta attuazione al principio del Giusto Processo sancito dall’art. 111 della Costituzione».

Francesco De Minicis

Referente del Comitato è l’avvocato Francesco De Minicis, già componente della Giunta dell’Unione delle Camere penali italiane e già presidente della Camera penale di Fermo che motiva così la sua posizione: «Esistono anche colleghi che esprimono una posizione diversa, ma si tratta di una minoranza estremamente contenuta. Allo stesso tempo, non sono pochi i magistrati che si dichiarano favorevoli al Sì. Ricordo quando il pubblico ministero sedeva accanto ai tre giudici del tribunale: a giudicare è il giudice, il Pm svolge la funzione di accusa, il difensore quella della difesa. Un assetto triangolare, con il giudice al centro, che oggi si intende ristabilire. Io ero a Venezia nell’88 quando Falcone spiegava perché le carriere devono essere separate. Quelle lette da Gratteri, a lui attribuite, sono false dichiarazioni».

Per De Minicis: «È infondato sostenere che con questa legge il Pm finisca sotto il controllo dell’Esecutivo. Il gruppo sottolinea solo come per i Pm ci sarà solo più difficoltà per i trasferimenti».

Sulle tematiche espresse dal Comitato provinciale per il No, presentato di recente e composto da vari attori (Pd federazione di Fermo, Avs Provincia di Fermo, Rifondazione Comunista, Ass. Ci vogliamo Vive, Movimento Agende Rosse, Anpi sezione di Fermo, Movimento Federalista Europeo di Fermo, Coordinamento nativa, Arci, Comitato 5 luglio), hanno risposto compatti: «La separazione delle carriere è una scelta culturale prima ancora che organizzativa. Non è la riforma, è vero, che risolve da sola i problemi della giustizia, ma affianca l’efficienza alla garanzia del giusto processo. Inquirente e giudicante richiedono competenze e professionalità diverse e questa distinzione migliora la qualità del sistema. Non c’è alcuna subordinazione del Pm all’Esecutivo, né un arretramento dei diritti: al contrario, si crea la base per una riforma complessiva capace di rendere i processi più equi e più rapidi, riducendo come il ricorso molto frequente alle intercettazioni e limitando indagini inutili, con un beneficio concreto per i cittadini e per l’intero sistema giudiziario».

S.I.

Il comitato per il Sì al referendum, i quattro relatori: da sin. Simone Mancini, Francesco De Minicis, Francesca Palma e Stefano Girotti Pucci

 

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