di Giorgio Fedeli
“A seguito di riunioni interforze di coordinamento ristretto – fanno sapere dalla Prefettura – si è ritenuto di intensificare l’azione di controllo preventivo delle forze di polizia in ragione della necessità di rafforzare la vigilanza su determinate aree. Il prefetto Di Lullo precisa che il piano coordinato di controllo del territorio è ancora vigente e operativo e non lascia sguarnita alcuna area del territorio provinciale inserita nel piano stesso. La suddivisione delle forze dell’ordine in campo è stata rimodulata in relazione agli episodi di rinvenimento e esplosione di ordigni per ottimizzare al meglio l’efficienza dell’azione di prevenzione e contrasto al fenomeno criminale legato agli ultimi episodi verificatisi a Fermo”. Ma la domanda scatta in automatico: le forze dell’ordine, che da tempo soffrono carenze di organico, con una simile rimodulazione che inserisce nel puzzle dei controlli un pesante tassello, probabilmente riconducibile alla localizzazione delle chiese o degli istituti religiosi nel Fermano, riusciranno ad arrivarle tutte? D’altronde negli ultimi mesi l’entroterra, con un piano coordinato concentrato sulla costa, a fronte dei numerosi furti in appartamento e nelle aziende, ha iniziato a storcere il naso. “Le decisioni assunte in sede di riunione interforze – si legge nella seconda parte della nota della Prefettura – hanno tenuto in debito conto la necessità di mantenere presidi delle forze di polizia anche su altre realtà complesse, prima tra tutte quella di Porto Sant’Elpidio e, più in generale, sull’intero territorio provinciale”.
Intanto sul caso Unabomber le indagini dei carabinieri proseguono serrate. Nei giorni scorsi, infatti, la polizia del commissariato di Fermo ha scoperto il covo dove il bombarolo, anche se non è da escludere che si tratti di più persone, potrebbe aver costruito gli ordigni rudimentali fatti deflagrare davanti a quattro chiese del Fermano. Si tratta di un casolare in aperta campagna, abbandonato e fatiscente, a poca distanza da una delle quattro chiese nel mirino, quella di San Marco alle Paludi. Al suo interno i carabinieri hanno rinvenuto delle micce, barattoli di lamiera e resti della lavorazione di ordigni rudimentali. La polizia si è mossa su segnalazione di un mountain biker. Il ciclista, infatti, pedalando sulle colline tutt’intorno a San Marco alle Paludi, è passato vicino a quel rudere dove, all’interno, ha notato il materiale sospetto. Ed è scattata la telefonata al 113. Sul posto sono subito arrivati gli agenti del commissariato di Fermo e la polizia scientifica. Un prezioso tassello che si va a aggiungere al complesso puzzle che i carabinieri, che stanno conducendo le indagini coordinati dalla procura della Repubblica di Fermo, stanno cercando di ricomporre. I detriti e il materiale rinvenuti sono stati posti sotto sequestro e spediti al Ris dei carabinieri che sta ricavando utili elementi per arrivare al nome e al volto dell’Unabomber. La strada delle indagini, per gli inquirenti, si è fatta leggermente in discesa il giorno in cui la quarta bomba, quella posizionata dinanzi alla chiesa parrocchiale di Campiglione, non è esplosa. Gli artificieri hanno quindi avuto la possibilità di recuperarla integra e farla analizzare dagli specialisti del Ris. E subito è emerso che i resti rinvenuti nei vari siti scelti da Unabomber sono praticamente tutti riconducibili a una stessa mano. Un fanatico, un uomo con problemi psichici, qualcuno che possa avercela con le chiese o, più nello specifico, con i parroci del Fermano, un anarchico anticlericale? Al momento bocche cucite in Procura e nelle sedi delle forze dell’ordine. Ma gli investigatori stanno unendo i tasselli di quel puzzle che parte nella notte tra il 27 e il 28 febbraio scorsi dal portone delle abitazioni dei parroci, sul retro del duomo di Fermo. Lì infatti è stato fatto esplodere il primo ordigno. Secondo, in ordine di tempo, quello deflagrato l’8 marzo davanti alla chiesa di Lido San Tommaso. Poi, nella notte tra il 12 e il 13 aprile lo scoppio di una bomba alla base del portone della chiesa di San Marco alle Paludi. E infine quel quarto ordigno, il 22 maggio, piazzato davanti alla chiesa di San Gabriele dell’Addolorata a Campiglione di Fermo, l’unico a arrivare integro in mano al Reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri. E il loro verdetto potrebbe diventare decisivo ai fini delle indagini.
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