di Giorgio Fedeli
(Foto Federico De Marco)
Da quando nei mesi scorsi è arrivata la notizia ufficiale il Fermano è andato in fibrillazione. E questa sera chi non li aveva mai visti e sentiti prima dal vivo ha capito il motivo: i Deep Purple, leggende del rock sono arrivati al Parco della Pace come un terremoto a cui, sì ci si è preparati da tempo, ma che comunque resta imprevedibile fino all’ultimo momento, al primo accordo.
Migliaia di persone, fin dal primo pomeriggio, sono arrivate all’ex campo di concentramento di Servigliano per ascoltarli, per viverli, per farsi trascinare dai loro riff, per fare un salto nella storia della musica e, con i biglietti da custodire gelosamente, poter dire, da domani, “io c’ero”. Genti di tutte le età, da coloro che in giovinezza hanno assistito alla nascita e all’esplosione della band fino ad accompagnarla nell’Olimpo del rock, alle nuove generazioni a cui le rughe di Ian Gillan potevano sembrare note stonate per una band del metallo pesante ma che da questa sera sono obbligati a ricredersi.
Non sono più dei ragazzini Ian Paice, Steve Morse, Don Airey, Roger Glover o lo stesso Gillan ma quando il rock ti ha dato talmente tanto da trasformarti in un tassello del suo secolare sentiero, le dita e le corde vocali viaggiano su un livello superiore. I Deep Purple, con una serietà dettata dal talento, dalla professionalità e dalla venerazione di milioni di seguaci in tutto il mondo, sono addirittura saliti sul palco con qualche minuto d’anticipo rispetto alle 21,30, ora stabilita per l’inizio del concerto. E da lì l’onda, arrivata a Servigliano con una spinta rinvigorita da circa 7mila fan che hanno dovuto attendere 72 ore in più per ascoltarli dopo il rinvio per maltempo di venerdì, e come prevedibile impazziti soprattutto con la celeberrima Smoke on the water e il suo intramontabile riff, non si è più arrestata. Migliaia di persone, arrivate da ogni angolo d’Italia e anche dall’estero, prese per mano da Gillan e soci all’urlo di “We love you” e trascinate nei labirinti dell’hard rock. E’ la storia della musica che arriva, scuote, segna per sempre e, congedandosi in una “Black Night”, continua il suo viaggio.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati