Contratti più trasparenti tra produttori e industria, una commissione unica nazionale per la fissazione dei prezzi, piano cerealicolo con risorse per le imprese che fanno esclusivamente grano italiano, moratoria sui mutui e lo studio di assicurazioni sul reddito. Sono i primi risultati della mobilitazione che ha visto gli agricoltori fermani della Coldiretti manifestare a Roma dopo il crollo delle quotazioni del grano, che da un anno all’altro hanno perso il 42 per cento del valore. Un problema che mette a rischio la sopravvivenza delle quasi 2.400 aziende che fanno grano in provincia, oggi costrette a coltivare al di sotto dei costi di produzione. Ma in pericolo c’è anche l’assetto dei quasi 13.300 ettari oggi seminati a frumento che corrispondono al 17 per cento dell’intero territorio provinciale. “Abbiamo ottenuto primi risultati ma la guerra del grano continua per dare dignità al lavoro nei campi perché è inaccettabile che oggi occorra produrre cinque chili di grano per permettersi una tazzina di caffè – spiegano il presidente di Coldiretti Ascoli Fermo, Paolo Mazzoni -. Serve più trasparenza sul mercato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato nella pasta e nel pane, ma è anche necessario estendere i controlli al 100% degli arrivi da paesi extracomunitari dove sono utilizzati prodotti fitosanitari vietati da anni in Italia ed in Europa e fermare le importazioni selvagge a dazio zero che usano l’agricoltura come mezzo di scambio nei negoziati internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale”. A pesare sono, infatti, le importazioni in chiave speculativa che, accusa la Coldiretti, si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta e che influenzano i prezzi delle materie prime nazionali anche attraverso un mercato non sempre trasparente.
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