Area ex Sadam, comincia lo studio delle alternative

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di Paolo Bartolomei

Una settimana fa il colosso americano Amazon ha inaugurato in Italia un secondo centro di distribuzione, lo ha aperto a Passo Corese, nel Lazio. Cosa c’entra con Fermo questo? Nulla, se non il fatto che il centro è stato aperto all’interno di un polo logistico di proprietà del Gruppo Maccaferri, la stessa proprietaria dell’area ex Sadam di Fermo. La Maccaferri è una multinazionale che, attraverso la holding SECI Spa, si occupa di molte attività imprenditoriali, anche assai differenti tra loro: oltre ad alimentare ed agroindustria, anche energia, immobiliare, costruzioni, ingegneria ambientale e meccanica, nonché servizi finanziari per i fornitori del gruppo.
Ciò dimostra che le alternative alla centrale a biomasse osteggiata dal territorio e dai politici, c’erano e ci sono tutt’oggi. Alternative che potevano concretizzarsi subito e che avrebbero garantito egualmente lavoro, non solo agli ex dipendenti Sadam ma anche ad altri.
Ora gli incentivi pubblici non ci sono più e la PowerCrop (una delle società del ramo energia della holding SECI) ha deciso di rinunciare alla centrale. Per la verità tre anni fa era stato studiata un’alternativa alla centrale, cioè la realizzazione del nuovo ospedale a Campiglione con la formula del project financing; alcuni politici avevano lavorato in questa direzione, ma poi l’allora presidente della Provincia di Fermo, Fabrizio Cesetti, ha sbarrato la strada a questa ipotesi, forse perché in altre parti d’Italia i project financing sono finiti male (per gli enti locali).
Ora che la PowerCrop ha rinunciato ufficialmente alla centrale a biomasse, occorre decidere. Da una parte c’è il risarcimento dei danni paventato da Maccaferri dall’altra la provincia che parla di una richiesta legale solo teorica in quanto la centrale non è stata mai né autorizzata, né finanziata e non è mai entrata nella fase esecutiva di realizzazione. Tra pochi giorni comincerà una nuova serie di incontri, con Comune di Fermo e la rsu degli ex lavoratori Sadam che si è sempre prodigata per avvicinare le parti. Per la verità nell’ultimo anno, grazie al nuovo sindaco Paolo Calcinaro, gli incontri si sono intensificati nell’ambito di un “tavolo parallelo” a quello ufficiale; in quest’ultimo si parlava soprattutto di centrale, in quello parallelo si è iniziato già da mesi a pensare alle alternative. «Finora nulla di concreto, nessuno studio di fattibilità, solo approcci preliminari per promettersi di lavorare insieme – precisa Gabriele Monaldi della RSU ex Sadam – ma si è parlato delle possibili alternative: attività di supporto a servizio del nuovo ospedale, centro sportivo, area verde, parco giochi, parziale area residenziale e/o attività ricettiva. La crisi non aiuta, ma nonostante ciò altrove fanno i fatti». Possibile anche un centro ricerche come a Jesi, che pure avrebbe il favore di finanziamenti europei e potrebbe mettere d’accordo tutti. Importante che non si perdano altri anni e si eviti che l’ex Sadam diventi un sito di archeologia industriale stile ex FIM. Dopo lo zucchero e la centrale, Maccaferri ha ancora molte altre frecce al suo arco. Che le usi e in fretta, nell’interesse suo e del territorio.


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