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Post-sisma, Raccichini:
“Tagli su spesa corrente per ricostruire,
partiamo dalle luminarie”

PORTO SAN GIORGIO - Il capogruppo Pci: "Chiamiamola politica di austerità destinata ad un fine socialmente e culturalmente alto e che avrebbe una ricaduta economica positiva su un territorio più ampio di quello maggiormente colpito dal sisma"
Il capogruppo Pdci, Giorgio Raccichini

Il capogruppo Pdci, Giorgio Raccichini

Il sisma, terribile, ha colpito. E ancora continua a farsi sentire. Crolli, sfollati, la paralisi del commerico e del turismo. Il capogruppo Pci a Porto San Giorgio, e esponente della federazione Fermo del partito, Giorgio Raccichini, prova a suggerire una formula per racimolare fondi per la ricostruzione e far ripartire la vita e l’economia dei Comuni e delle aree maggiormente colpite dal terremoto.

“Pessimismo della ragione, ottimismo della volontà. Questa affermazione gramsciana ben si addice alle reazioni suscitate dagli eventi sismici e dalle loro devastanti e tragiche ripercussioni. L’entità delle distruzioni è tale che non può non suscitare sgomento di fronte all’impresa titanica della ricostruzione sia del tessuto urbanistico e sociale dei paesi colpiti sia del patrimonio artistico e culturale. Tuttavia la volontà dei cittadini, e non solo di quelli che abitano i luoghi colpiti, di ridare vita a quanto purtroppo rischia di andare perduto è più forte che mai. Spetta alla politica il compito di dare concretezza a questo ottimismo della volontà, facendo in modo che non finisca per tradursi in una nuova e inaccettabile guerra tra poveri, di cui già si avvertono i segnali, tra immigrati e colpiti dal sisma.

Si spera fortemente che lo Stato intervenga nei fatti e non solo a parole attraverso una ricalibratura di tutta la spesa pubblica: per fare un solo esempio, inutile e immorale è la forte spesa militare, imposta in parte dalla Nato che rischia di drenare risorse importanti ai fini della ricostruzione post-sismica e della preventiva messa in sicurezza del fragile territorio italiano.

Che cosa possono fare i Comuni italiani, innanzitutto quelli meno colpiti delle province e regioni interessate dal sisma? Oltre a coordinare le operazioni sull’ospitalità dei concittadini che hanno dovuto momentaneamente lasciare il proprio territorio, potrebbero ricavare tra i propri bilanci fondi da destinare stabilmente alle opere di ricostruzione? Sebbene i Comuni italiani non navighino certamente nell’oro, ritengo di sì. Penso infatti che essi possano ridurre le spese correnti, per esempio quelle destinate ad eventi di carattere turistico, sportivo e culturale, facendo una rigorosa selezione di ciò che deve essere finanziato e ciò che può essere ulteriormente eliminato. Possiamo per esempio rinunciare alle luminarie natalizie come qualcuno dice? Credo di sì, anche se non basta. Non occorrono misure una tantum, ma sforzi strutturati e coordinati.

Potremmo chiamarla una politica di austerità destinata ad un fine socialmente e culturalmente alto e che avrebbe una ricaduta economica positiva su un territorio più ampio di quello maggiormente colpito dal sisma. Per una città come Porto San Giorgio, ad esempio, non è indifferente se si blocca il turismo della vicinissima area dei Sibillini che richiama molti turisti da fuori regione e dall’estero. Inoltre, il possibile impoverimento di molte famiglie dell’area interna potrebbe causare una riduzione di quel turismo pendolare che è molto importante per la nostra economia turistico-balneare.

Un’iniziativa del genere non avrebbe certamente senso se fosse messa in atto da un solo Comune. C’è bisogno di una partecipazione coordinata di molte amministrazioni pubbliche, a partire da quelle dell’area maceratese, fermana ed ascolana e le Province e i sindaci dei capoluoghi provinciali dovrebbero assumere un ruolo imprescindibile di stimolo e coordinamento”


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