di Nunzia Eleuteri
Il confronto sulla riforma costituzionale appassiona Fermo. Serata infuocata e sala convegni dell’hotel Astoria da tutto esaurito per il il confronto Sì o No promosso da Cantiere Marche. A provocare, interrogare ed accendere il dibattito la giornalista de Il Fatto Quotidiano Sandra Amurri con il suo inconfondibile stile pungente e schietto. Protagonisti della ‘sfida’ l’avvocato fermano Francesco De Minicis per il Sì e il giornalista Luca Telese per il No.
L’elemento più evidente di questa riforma è la fine del bicameralismo con abolizione del Senato che diventerà Senato delle regioni. “Soluzione pasticciata che genera confusione” è l’esordio di Sandra Amurri. Non è d’accordo Francesco De Minicis che vede nella riforma: “Una semplificazione dell’attività legislativa evitando la miriade di commi a cui ormai siamo abituati”. Controbatte Luca Telese:”Sarà un Senato finto. La nostra costituzione, bellissima, ha previsto rappresentanza e garanzia perfettamente bilanciati in base agli abitanti. Principio che Renzi ha snobbato”.
La serata è a dir poco animata tra un sereno Luca Telese appoggiato da una agguerrita Sandra Amurri evidentemente a favore del No e l’avv. De Minicis che deve prendere atto di essere in minoranza sul tavolo della discussione.
Telese calca la mano:”L’Italicum è una schifezza riconosciuta anche da Napolitano che ha chiesto a Renzi di modificarla. Ma Renzi si è voluto fare una legge elettorale su misura, una legge contestata anche dalla minoranza del suo partito. Una legge che ha defenestrato anche suoi uomini. Renzi vuole l’Italicum dei nominati. Gli stessi nominati che ritroveremo grazie alla riforma che ci stanno proponendo. Riforma e Italicum sono la stessa cosa. Nessuno può credere che se passa la riforma, Renzi metterà mano all’Italicum!”
De Minicis non ci sta e ribatte:”Su questa riforma bisognerebbe rimettere le mani sì, ma se vince il No non riusciremo a rimandare a casa tutte queste persone! Se vince il Si avremo 200 persone in meno da pagare. Anche se sono convinto che i parlamentari debbano essere pagati e non condivido i principi che portano avanti i grillini. Un parlamentare che lavori va pagato. Ma con la riforma avremo sicuramente un risparmio”.
Telese nell’apprezzare l’onestà di Francesco De Minicis quando ammette che la riforma andrebbe rivista, sottolinea come sarebbe stato più coerente abolire completamente il Senato piuttosto che prevedere il Senato delle regioni: “Scelta voluta da Renzi perché ha bisogno di quei voti”.
Interviene Fabiano Alessandrini, esponente del Pd e presidente della Steat:”Come avviene oggi l’elezione dei parlamentari? Quanti assessori e consiglieri regionali oggi vanno a Roma per discutere costantemente di temi stato-regioni?” Domande a cui Telese ha risposto evidenziando come il Pd abbia votato l’Italicum che è uguale o peggio del porcellum: “Se passasse il Si, inoltre, avremo l’obbligo di recepire tutte le normative europee. Tutte. – dice Telese – Attenti perché poi non si torna indietro! L’Europa deciderà persino se potremo produrre e vendere il lardo di Colonnata!”.
Interviene anche Alberto Palma, presidente della Fondazione Carifermo:”Questa riforma non mi piace perché arriva con una votazione così risicata che non può piacere nemmeno all’elettore. Ci sono esigenze a cui la riforma può certamente rispondere ma è il carattere demagogico che non piace. C’è una presa in giro dell’opinione pubblica a cui si vuol far credere che venga abolito il Senato mentre viene mantenuto e sarà come una camera di compensazione. Ma l’aspetto più difficile per me da digerire è la soppressione delle province mentre si aumenta l’importanza delle regioni proprio con un Senato ad hoc. Dopo aver tanto combattuto per far riconoscere questa provincia, trovo davvero inaccettabile questa riforma.”
Molto partecipe l’assemblea intervenuta con battute e applausi. Un’assemblea particolarmente qualificata che ha visto in platea avvocati, esponenti politici del territorio e amministratori attenti e critici. Un confronto che ha appassionato ed acceso una serie di spunti di riflessione politica in vista del voto del 4 dicembre.
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