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La fotografia come strumento
di conoscenza dei rifugiati
dei progetti SPRAR

FERMO – Consegnati nella Sala degli Incontri del Palazzo dei Priori gli attestati di partecipazione al laboratorio di fotografia e reportage “Aritmie”, svoltosi dal novembre 2015 al novembre 2016

Sono 9 i richiedenti asilo che questa mattina hanno ricevuto gli attestati di partecipazione al laboratorio di fotografia e reportage “Aritmie”, organizzato nell’ambito dei progetti SPRAR “Nuovi Inizi” e “Era Domani”, all’interno della Casa delle Associazioni di Fermo tra il novembre 2015 ed il novembre 2016. Un progetto per 120 ore complessive, culminato in un libro e in una mostra fotografica allestita fino al 6 gennaio nella Sala degli Incontri del Palazzo dei Priori.

Il corso, iniziato con il fotografo Ennio Brilli, ha poi visto aggregarsi Gianfranco Mancini, Umberto Bufalini, Andrea Braconi e Noris Cocci, per essere presentato lo scorso 26 novembre nell’ambito del Premio letterario nazionale “Paolo Volponi”.

“È stata un’esperienza molto intensa e coinvolgente – spiega Marco Milozzi, referente SPRAR per le attività socio-culturali, presente insieme a Sibilla Frontoni e Serena Alessiani- sia per la qualità del lavoro, sia per la durata. Da oltre un anno e mezzo, infatti, organizziamo incontri ed uscite nel territorio fermano utilizzando la fotografia come mezzo di insegnamento per quanto riguarda la parte didattica, ma soprattutto come strumento di conoscenza e di incontro. Aggiungo che le attività socio-culturali sono una parte integrante dei progetti SPRAR, non sono un accessorio o un aspetto marginale. Molto spesso abbiamo avuto un feedback positivo da parte degli stessi rifugiati, anche sul piano emotivo, con una partecipazione maggiore alle singole proposte”.

“Per me questa esperienza è stata molto importante – afferma Nihat, 40 anni, proveniente dal Kurdistan e in Italia dal maggio 2014 – innanzitutto per conoscere tante persone nuove, che poi sono diventate amiche, e poi perché ho avuto modo di scoprire le bellezze di questa terra che mi ha accolto”.

“Questo viaggio – commenta Mancini – mi ha arricchito di una umanità che non avrei mai pensato: incontrare ragazze e ragazze giovani provenienti da altri Paesi, che hanno vissuto situazioni drammatiche e devastanti, mi ha permesso di conoscere meglio i miei limiti e di aprire ancora di più i miei occhi. E tutto questo mi ha fatto pensare quanto oggi sia fondamentale rimanere vicini a queste persone e sostenerle nel loro percorso di integrazione”.

“Per me questo progetto è stato entusiasmante – ha concluso Bufalini – non solo perché abbiamo collaborato con ragazzi stupendi, ma perché abbiamo avuto vantaggi enormi anche per noi, come la conoscenza della loro cultura. E ritengo che proprio questo approccio umano vada sottolineato con forza”.


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