di Andrea Braconi
Tra battute e riflessioni più profonde, Michele Gallucci si mette a nudo sul palcoscenico ma anche con Cronachefermane.it. Nel raccontarci il suo viaggio, infatti, che parte dalla nascita e arriva fino ad oggi, ci svela piccole verità e quei sogni rimasti in un cassetto dal quale, però, riesce sempre a tirar fuori qualcosa di originale. Come la trama del suo secondo spettacolo, “Volevo essere una rockstar (ma ho perso i capelli)”, che debutterà domani, sabato 18 marzo, alle ore 21 all’Auditorium Giusti di Sant’Elpidio a Mare.
“Sono molto soddisfatto, ti dico che ci sarà un grande nemico nel mio voler essere una rockstar, anche se non lo svelerò adesso. Come in ogni grande impresa, c’è bisogno di un eroe e di un antieroe. E il mio antieroe sarà un rocker italiano. Comunque, sì: sono pronto, ho bisogno di energia e del calore del pubblico!”
Hai detto che con questo spettacolo ti metti completamente a nudo: dobbiamo preoccuparci?
“No no, non vi deluderò! In realtà è un nudo psicologico. Invece di andare dallo psicanalista, ho deciso di mettere fuori le paure, le problematiche, i tabù della mia vita. Ho tirato fuori un po’ tutto. Ci sono molte verità, molte cose che riguardano la mia esistenza. Ci sono cose anche delle quali uno fa fatica a parlare, a partire dall’accettazione della perdita dei capelli, che per un uomo è un po’ come Golia quando perde la propria forza.”
Ma li ha persi perché volevi veramente essere una rockstar o per altri motivi?
“Provo a risponderti seriamente: questo è un percorso della mia vita che dall’inizio fino ad oggi ha come filo conduttore il mio amore per la musica. Sì, avrei voluto essere una rockstar, e qui ripercorro alcune vicende importanti, caselle che non avevo colmato nel mio primo spettacolo che era un po’ più romanzato: da quando nasco a cosa mi porta a voler essere una rockstar, passando per vicende come la nascita della mia figlia o altre, trattate però in maniera originale.”
Nel corso del tempo al tuo percorso artistico hai aggiunto anche un’attività formativa e di insegnamento.
“Già dallo scorso anno sempre con LaGru avevo ripreso in mano il progetto di improvvisazione, ricreando un gruppo di lavoro destinato alla produzione di spettacoli. Infatti, da lì è nato ‘All In’ che porteremo avanti fino a metà aprile. Dal prossimo anno lavoreremo su una long form, una sorta di commedia improvvisata. E siccome all’interno dell’Auditorium che gestiamo abbiamo spazi per poter fare formazione, naturalmente mi si è creato quel materiale e quell’abitudine a gestire un lavoro di gruppo: ho così pensato di proporre questa cosa della scuola di improvvisazione, settore nel quale vanto un esperienza decennale. Ho lavorato tanto anche sul teatro e sul cabaret, e nel corso metto insieme queste mie esperienze; è un corso aperto a tutti, che si basa sul principio del gioco e del non ragionamento, sul fatto di essere molto istintivi. Poi se qualcuno verrà con l’intenzione di proseguire, abbiamo già in mente per l’anno prossimo di attivare un corso formativo completo, all’interno del quale seguirò alcune parti. È uno spazio che vogliamo condividere.”
A proposito di spazio, un’ultima domanda sui contenitori del territorio, penso al teatro di Capodarco o allo stesso Auditorium “Giusti”: cosa si possono valorizzare con ancora più forza, quali passi ulteriori possono essere fatti?
“Penso che c’è un’unica strada possibile: quella di aprire le strutture al pubblico. Devono essere luoghi visitabili, sempre aperti, dove le persone possono stare lì sedute, a guardare, a non far niente, a scrivere, a leggere, a vivere questi posti in altra maniera. Il teatro è un luogo magico. Oramai passo gran parte del mio tempo all’interno dell’Auditorium e, pur essendo consapevole di perdermi diverse cose, ogni volta che esco da lì mi sento più ricco. Non bisogna mai dare l’idea che quei luoghi siano chiusi, significherebbe dire chiudo le porte alla cultura e alla possibilità di sognare, di scavarmi dentro. Invece, il teatro è un luogo dove vai a trovare delle risposte alle domande che ti fai. Certo, il Teatro dell’Aquila ha delle problematiche per essere sempre vissuto, mentre il Teatro Nuovo di Capodarco e l’Auditorium di Sant’Elpidio a Mare ne hanno meno. Anche portare le proprie attività di ufficio lì aiuta, come abbiamo fatto noi, con le persone che entrano in contatto diretto con questi luoghi.”
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