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L’invito dello chef Sagramoso: “Ma quale sushi, comprate l’agnello dei Sibillini!”

FERMO - L'incontro con Sandro Pazzaglia ed il rinomato chef veronese l'occasione per una riflessione sulla salvaguardia dei prodotti e sull'evoluzione della cucina

di Andrea Braconi

Incontrare Sandro Pazzaglia mentre disquisisce di cucina con un altro chef può compromettere l’organizzazione dell’intera giornata, soprattutto intorno all’ora di pranzo. Perché la passione che Pazzaglia mette nel raccontare la bontà dei nostri prodotti, unita ad una forte autocritica sui ritardi del settore, diventano elementi per un’analisi più approfondita. E se a questo si aggiunge che il cuoco accanto a lui è il veronese Marcantonio Sagramoso, chef di livello internazionale con un curriculum di tutto rispetto, allora ecco che scenario e obiettivi cambiano radicalmente.

Come sezione fermana della Federazione Italiana Cuochi – spiega Pazzaglia – abbiamo organizzato un corso di due giorni a Villa Il Cannone, a Marina Palmense, con l’idea di far crescere il nostro territorio: abbiamo tante eccellenze, ma spesso siamo carenti da un punto di vista professionale e della conoscenza. Sono diversi anni che Marcantonio torna e in tanti continuano a chiamarlo per delle conferenze, è un investimento sulle professionalità e noi avremo un futuro soltanto se saremo preparati a queste nuove sfide. Per fare un solo esempio: essere preparati è sapere esattamente qual è il punto fumo dell’olio extra vergine di oliva, che fa la differenza sulla qualità della frittura. In quanti lo sanno?”

Al vostro ospite non possiamo che chiedere come tratta i prodotti di questo territorio.

“Sicuramente in maniera molto naturale – rimarca Sagramoso – seguendo quelle che sono le tecniche del giorno d’oggi, che sono cotture in bassa temperatura, corte, e l’utilizzo di olio extra vergine d’oliva. Tutto quello che ha fatto la natura fino adesso il cuoco non deve rovinarlo, deve continuare ad evolvere il prodotto. Quindi, si cerca di far sì che attraverso la tecnologia il prodotto prosegua il suo cammino, fino a quando non viene mangiato.”

E il prodotto marchigiano che più ti colpisce?

“Sicuramente ciauscolo! Anche il vino cotto, ci sono tante cose interessanti. E sicuramente non le conosco tutte. Noi cuochi, che andiamo spesso a cercare sushi, dovremmo fare una ricerca nei nostri territori per vedere quanto ignoranti siamo. Dovrebbe essere uno stimolo per i nostri colleghi vestiti di bianco, il voler stupire con quanto c’è anziché andare in Giappone. Qui trovi delle cose straordinarie, che fanno parte sicuramente di una cucina antica, ma il nostro compito è quello di modernizzare il tutto senza snaturarlo.”

In quest’ottica di valorizzazione e di salvaguardia, considerati i gravi contraccolpi subito dall’agricoltura e dall’allevamento locali a causa del terremoto, come si può agire concretamente?

“Cerchi di promuoverlo, anche all’esterno del luogo di provenienza, utilizzando magari le ricette del luogo, rivisitate o meno. La salvaguardia del prodotto la fai vendendolo. E vendendolo fai cultura. L’unica cosa che si può fare, mi ripeto, è che invece di andare a comprare un sushi roll vai a prendere l’agnello dei Sibillini. Occorre reinvestire nel proprio territorio anche in questo, magari portando questi prodotti anche all’estero.”


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