di Andrea Braconi
Montepacini è un luogo magico, che vive in un continuo processo di trasformazione e di miglioramento. Basta camminare tra gli alberi, i ricoveri degli animali e le sue piccole ed ombreggiate oasi di pace, dislocate lungo una superficie molto ampia e realizzate dai ragazzi del centro socio rieducativo. E quest’anno ha avuto l’onore di essere stata scelta come sede della seconda festa del Forum Nazionale dell’Agricoltura Sociale.
“Una scelta che indica come ripartire da agricoltura sociale significa fa rinascere questo territorio dopo il terremoto”, ha rimarcato il portavoce Marco Marchetti.
Una crisi, quella post sisma, che la realtà di Montepacini ha saputo affrontare nella maniera giusta. “Ogni fase di questo tipo è sempre un momento di svolta e noi abbiamo deciso di rimboccarci le maniche. Ringraziamo Dokita, che ci ha donato i ricoveri per gli animali e ci ha sostenuto nei progetti dei laboratori. Siamo al nostro sesto anno di storia e qui la collaborazione è sempre stato un elemento che ha qualificato la nostra esperienza. È un piccolo grande sogno che stiamo realizzando, insieme a tante associazioni come Talea, Fattoria Sociale, senza dimenticare il Soccer Dream Team costituito da ragazzi con disabilità e richiedenti asilo del territorio”.
“Questo appuntamento nazionale ci serve per ricordare passi che possono sembrare scontati ma che rendono ancora più importante il percorso fatto qui a Montepacini – ha sottolineato il sindaco Paolo Calcinaro, affiancato dall’assessore regionale Fabrizio Cesetti, dal consigliere regionale Francesco Giacinti, dall’onorevole Paolo Petrini, dal senatore Francesco Verducci e dal consigliere comunale Pierluigi Malvatani -. Nel 2011 questo posto era pressoché abbandonato con i suoi 13 ettari e i suoi immobili da una parte in decadimento, dall’altro poco utilizzati. Questo luogo aveva un’unicità, che andava salvaguardata e sfruttata. L’idea iniziale delle colonie fu accolta dalla città in maniera numerosa e positiva, e questo diede il segno che si doveva partire con il recupero”.
Ospite del Forum anche il vice ministro alle Politiche Agricole Andrea Olivero. “Con voi c’è un’amicizia vera ed un senso di gratitudine, siete i pionieri agricoltura sociale – ha detto rivolgendosi d Don Franco Monterubbianesi e ai tanti presenti -. In secondo luogo questo seconda festa nazionale è uno sprone ad andare avanti in una logica che è anche quella del mettere insieme tanti in questo progetto. Quindi avanti con il forum, con l’aggregazione, con tutti gli strumenti per far diventare ancora più grande questo progetto collettivo dell’agricoltura italiana. L’agricoltura sociale è bene per tutta l’agricoltura, fa sì che questa comprenda fino in fondo qual è la sua connotazione sociale. Le imprese devono avere attenzione al sociale, capacità di accogliere, e porsi il problema di essere coesi e solidali è un bene per tutta l’agricoltura. I nostri imprenditori devono sposare l’idea della comunità e coesione vuol dire possibilità di fare comunità nel territorio. L’attività imprenditoriale e quella sociale non sono distinte, ma vivono dei momenti comuni. Oggi le imprese che sopravvivo sono quelle amate dalla gente e stimate dalla popolazione, ritenute parte integrante della vita comunitaria. Quindi, sviluppare la tematica sociale è anche proficuo da un punto di vista dell’impresa”.
“Sono rimasta favorevolmente impressionata da questa iniziativa -ha detto il prefetto Mara Di Lullo -, qui si tratta di fare agricoltura con un disegno lungimirante e non solo come attività economica; avere questa ispirazione, questo fondamento etico è importante. Sono iniziative che possono anche essere modello per altre realtà”.
“Il forum prima di tutto è un insieme di energie, passioni e di cittadini – ha rimarcato Ilaria Signoriello, portavoce del Forum nel salutare tutti i gruppi presenti – che sanno che insieme si può fare strada per riscrivere una storia dove le persone svantaggiate appartengono ad una comunità. E l’agricoltura sociale è affermazione dei diritti. Abbiamo un amore per questa terra profondamente ferita e chi conosce i marchigiani sa che niente li piega. E questa fattoria è l’emblema di come si sta insieme”.
“Nella mia esperienza di agricoltore – ha concluso Mirella Gattari, presidente regionale della CIA – dico che a casa degli agricoltori non si è mai lasciato indietro nessuno. L’agricoltura sociale va a mettere i punti giusti in un qualcosa che per noi è sempre stato naturalissimo. Un’altra considerazione voglio farla su questa nostra terra ferita: dobbiamo lavorare in un’ottica ottimistica e propositiva. La parte ferita è quella agricola e chi è rimasto a guardia del territorio è proprio l’agricoltore. Prima di tutto dobbiamo ricostruire il tessuto sociale e su questo cito Jack London: durerà la razza che possiede il più elevato altruismo”.
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