di Alessandro Giacopetti e Andrea Braconi
“In memoria di Emmanuel Chidi Namdi, vittima del razzismo”. E’ tutto in questa frase, lapidaria, il senso della manifestazione organizzata dal Comitato 5 Luglio che dal pomeriggio di ieri ha letteralmente invaso il centro storico di Fermo. Circa 2.000 le persone che, durante il corteo partito da Piazza Dante e la serata in Piazza del Popolo, hanno scandito all’unisono il nome del ragazzo nigeriano ucciso il 5 luglio del 2016.
Tantissime associazioni, tantissime voci che si sono ritrovate nei luoghi che già lo scorso anno videro una grande mobilitazione per rimarcare la natura xenofoba della dinamica che aveva portato alla morte di Emmanuel.
Tutto si è svolto in maniera tranquilla, a volte silenziosa, come nelle previsioni. Una moltitudine di persone, provenienti da varie parti delle Marche e da diverse zone d’Italia, hanno sfilato fino al centro della città, fermandosi nel punto dove la vita Emmanuel è stata spezzata esattamente un anno fa. E proprio lì, dopo aver appoggiato alla balaustra un mazzo di fiori, un suo amico e Tullio Bulgari, scrittore e ricercatore sociale, hanno ricordato il ragazzo con riflessioni e letture.
Poi l’arrivo in una piazza già pronto ad ospitare una serata di musica e parole. Dal palco allestito proprio sotto il Palazzo dei Priori, infatti, si sono susseguiti numerosi interventi da parte di sindacati e associazioni impegnate sul fronte dell’accoglienza, intervallati dalle band chiamate dall’organizzazione.
Su tutti, l’intervento di Neri Marcorè, munito di chitarra, che tra una canzone di Battisti, una di De Andrè e i suoi travolgenti brani sui marchigiani all’estero ha lanciato un messaggio chiaro ed inequivocabile. “Siamo nati in una terra benedetta, perché l’Italia lo è. Però abbiamo avuta molto fortuna a nascere qua, non è merito. E non possiamo fare una colpa a chi è nato da un’altra parte e cerca di trovare la propria strada e la propria fortuna in luoghi diversi. Lo abbiamo fatto anche noi, con i nostri antenati che sono andati all’estero a cercare fortuna, come ha fatto mio nonno in America Latina. Adesso cosa vogliamo rimproverare a queste persone? La storia dell’umanità è costellata di persone che si muovono e che si spostano per cercare condizioni migliori. E’ una cosa che continuerà sempre a prescindere dall’ottusità, dall’ignoranza e dai muri che qualcuno vuole costruire. Ma finché ci saranno fame e sofferenza, non ci saranno muri abbastanza alti per bloccare fame e sofferenza, quindi tanto vale abituarci all’idea che questa terra non è la nostra ma che fa parte dell’umanità e dobbiamo condividerla”.
Al termine del suo intervento, Marcorè ha ricevuto da Laura Strappa, compagna di Mario Dondero, una copia del libro sulla mostra fotografica dedicata all’Africa, che anche ieri è stata visitata da decine di persone affascinate dagli scatti del compianto fotoreporter.
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Grande Marcorè
Duemila? A occhio, saranno sì e no quattrocento.
Grande Neri Marcorè!! Casa tua quanti ne può ospitare?
bravo neri
C’è ancora qualcuno che sventola la bandiera rossa? Che coraggio!!!
Marcorè fai il comico che ti esce anche bene…lascia stare se cose che altrimenti fai ridere ancora di più…
che palle che fate, siete quasi ridicoli…