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Da operaio a imprenditore, l’intervista a Nazzareno Savelli: i suoi ascensori continuano a salire

PORTO SAN GIORGIO - La storia di Nazzareno Savelli, nel mondo del lavoro, inizia nel 1964 e, salendo "piano dopo piano", oggi la si può raccontare così: 13.000 mq e ben 60 dipendenti.

L’imprenditore Nazzareno Savelli nel suo ufficio

 

di Nunzia Eleuteri

E’ nato a Fermo, Nazzareno Savelli, esattamente questo giorno di qualche anno fa. Un racconto, il suo, che ha il sapore della fatica e del successo. Da operaio a imprenditore.

Parte nel 1964 la sua storia come apprendista che costruiva e installava ascensori. Poi, nel 1978, la svolta: la sua prima ditta individuale che nel tempo si trasforma in azienda familiare, si evolve in S.n.c. fino ad arrivare alla forma giuridica attuale, Savelli Ascensori S.r.l.

Lo stabilimento, moderno ed immerso nel verde, lo si nota in tutta la sua imponenza, ma sobrietà, in Contrada Storno a Fermo: 13.000 mq in cui lavorano ben 60 dipendenti. Sul tetto, pannelli fotovoltaici che producono 700 KW/h, rendono quasi autonoma energeticamente l’azienda e mostrano un’attenzione all’ambiente che Nazzareno Savelli rimarca anche durante questa intervista. Nel 1983 le prime esperienze all’estero ma il fatturato resta prevalentemente italiano.

Nazzareno Savelli e una delle ultime creazioni: la pulsantiera touch

Ci accoglie in azienda, ci accompagna in ufficio salendo in ascensore e ci mostra l’ultima creazione: la pulsantiera touch.

Un’idea di ultimissima generazione che prevede persino un collegamento internet e la visualizzazione della mappa del percorso effettuata dai soccorsi in tempo reale in caso di selezione del tasto di allarme. Sottofondo: una musica antipanico.

E’ orgoglioso di questa idea Nazzareno Savelli e non si fatica a capirlo nonostante il suo apparente distacco.

Ad un uomo che ha tanto da raccontare abbiamo, così, rivolto qualche domanda curiosa ma che possa essere anche di stimolo per l’economia del territorio.

Se dovesse descrivere il motivo del successo di un’azienda così longeva, da cosa partirebbe?

Sicuramente dalle caratteristiche del prodotto. Possiamo in tutta semplicità parlare di modelli sartoriali, cuciti su misura per il cliente che li richiede.

La torre di prova degli ascensori all’interno dello stabilimento

Un assemblaggio di due elementi fondamentali: artigianalità e tecnologia ai quali aggiungiamo la creatività e l’innovazione. Qui si creano prototipi e qui si producono. L’unica cosa che importiamo, perché ormai inesistente nel nostro Paese, è la materia prima: acciaio, metalli in genere. Per il resto il prodotto è interamente Made in Italy.

Ogni processo di lavorazione va certificato poi si passa al collaudo prima della vendita. Il cliente però non viene abbandonato a se stesso ma seguito nel tempo con il nostro servizio di manutenzione che rappresenta anche una fetta importante del nostro fatturato. In questo modo i nostri clienti hanno la garanzia della nostra presenza al loro fianco per sempre.

Possiamo quasi parlare di un bene di lusso ma, allora, come è sopravvissuta l’azienda a questo periodo di crisi che sembra non avere fine?

La crisi del nostro settore, l’edilizia, si può dire sia stata, anzi è tutt’ora, la peggiore. Non è stato semplice ma ci siamo adeguati. Se prima si raggiungeva il budget in un mercato di circa 150 km, oggi il raggio per il raggiungimento di risultati positivi è molto più ampio e abbraccia l’Italia intera. Continuiamo a guardare con interesse l’estero ma i nostri prezzi non possono essere competitivi per problemi legati ad un mercato del lavoro troppo caro e cavilli burocratici che ci tengono ancora legati. Problemi di questa Italia che non vuole cambiare.

E cosa farebbe per aiutare le aziende se fosse un politico?

Prima cosa, accorderei una detassazione a quelle imprese che reinvestono in azienda e danno lavoro nonostante tutto. In questo modo si potrebbe limare quella grande differenza di costo che abbiamo con le aziende estere e che non ci rende competitivi. In secondo luogo renderei il lavoro più flessibile: i dipendenti dovrebbero essere più liberi di muoversi, di dedicarsi al lavoro con meno legami contrattuali. Oggi, chi ha una mansione non può fare altro, chi vorrebbe lavorare tre ore in più e recuperarle in seguito non può farlo, e così via in una serie di restrizioni e legacci che rendono tutto più difficile.

Azienda e territorio: pro e contro.

Che io sia legato a questo territorio mi sembra palese ma non posso esprimere un parere positivo sotto l’aspetto politico: nel Fermano c’è pochissima attenzione all’imprenditoria, non ci sono agevolazioni né i supporti di politiche territoriali. Ho voluto questo stabilimento immerso nel verde. Ho studiato soluzioni energetiche che potessero avere il minore impatto ambientale, ho installato pannelli fotovoltaici sul tetto ma poi mi sono dovuto fermare perché la legge diceva che più di quello non potevo fare. E poi guardo fuori e vedo uno spettacolo che non mi piace: campi ricoperti da pannelli fotovoltaici. Mi chiedo: ma non era meglio far sfruttare di più un tetto piuttosto che ricoprire un campo che poteva essere destinato a coltivazione? Ecco, questo è solo un esempio di tante cose inspiegabili per me…

Oltre all’attenzione all’ambiente Nazzareno Savelli ha un’altra importante attenzione: lo sport. Un palazzetto che porta questo nome dal 2003. Come ci si sente ad essere nominati in tv e sui media nazionali così spesso?

E’ un’emozione che si rinnova, certamente. Ho sempre amato lo sport e abbiamo sempre sponsorizzato la pallacanestro in genere. Poi partecipammo alla gara d’appalto del palazzetto di Porto San Giorgio garantendoci visibilità nazionale grazie alle squadre di basket che militavano in serie A. Tra le altre sponsorizzazioni più grandi ricordo anche quella della Fermana Calcio. Peccato che anche in questo ambito la burocrazia metta lo zampino. Le sponsorizzazioni spesso non vengono riconosciute “adatte” al tipo di prodotto e quindi si rischiano multe o ravvedimenti. Ma cerchiamo comunque di fare il meglio per continuare a sostenere lo sport nel nostro territorio.

Per concludere con un ringraziamento per le tante soddisfazioni in questi decenni di attività, a chi sente di rivolgerlo?

Non ho dubbi: alle mie tre figlie e a miei due nipoti, figli di mio fratello, socio della Savelli Ascensori. Loro cinque hanno scelto di seguirci e lavorare in azienda nonostante le preoccupazioni per il futuro siano tantissime. Un ringraziamento speciale va, invece, ai tutti i nostri dipendenti e collaboratori per il grande coinvolgimento e la grande passione che mettono nella loro opera. In tutta la vita della Savelli Ascensori, solo due persone hanno lasciato l’impresa perché hanno raggiunto l’età pensionabile. Molti dipendenti lavorano qui quasi da 40 anni. E per questo è proprio il caso di dire che ci sentiamo una grande famiglia.

 

Nazzareno Savelli all’interno di un ascensore in esposizione

 

Nazzareno Savelli e una delle evolute macchine da lavoro

 

La pulsantiera touch collegata in rete in caso di allarme

 

Un ascensore imballato pronto per la consegna


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