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Fernando e un amore per il legno che passa dal Crivelli a Michelangelo, fino al Bernini

AMANDOLA - Tra i pochi ebanisti rimasti, Durpetti ha aperto a Cronache Fermane le porte della sua galleria, raccontadosi e raccontando come nascono le tante opere esposte

di Andrea Braconi

Entrare nella piccola galleria di oggetti realizzati da Fernando Durpetti è un’esperienza particolare. Tra dame, tavoli, porta candele e tanto altro ancora, è come se quelle pareti colorate, a fatica, riuscissero a contenere tutta la sua passione per il legno. Una passione trasmessa dal nonno, che ovviamente era falegname. “Ho iniziato quasi per scherzo e mi sono trovato subito bene con il legno perché, oltre che essere dolce, è amabile e quindi la storia del legno risiede in me”.

Fernando, nella sua Amandola, lavora per la ditta Arte e Legno, ma appena può si dedica a quello che gli riesce meglio: creare. “Uno crea facendo tesoro di tutto ciò che lo circonda. E allora, guardando il passato, uno prende spunto e realizza”.

Eccolo, il passato, fatto di richiami importanti. “Come punto di riferimento ho tutti artisti che non facevano i falegnami, come il Crivelli che nei particolari aveva qualcosa di artistico al di fuori della pittura. Mi piace tutto ciò che è passato, tra ‘500 e ‘600, anche ‘700, come Michelangelo e il Bernini, che è l’artista che ammiro di più”.

Da loro trae l’ispirazione e realizza “tutto ciò che mi piace”.

E Amandola è una città che in questo settore ha forti tradizioni. “Fino a pochi anni fa esistevano 12 ebanisti di scuole diverse, che davano risultati eccezionali. Purtroppo con l’andare del tempo è venuto meno perché la richiesta è sempre minore, i giovani preferiscono spendere quattro soldi e avere mobili lustri all’apparenza. Il mobile antico, in stile, non lo chiede più nessuno tra i giovani. C’è qualcuno tra gli anziani, ma sono pochissimi”.

In questi casi il dubbio resta: mantenere la propria linea o inseguire le tendenze? “Per capire il mercato bisogna seguire le tendenze, però a me non piace molto, mi piace più pensare all’antica”.

Ma come si insegna questo mestiere? “Abbiamo avuto l’idea di aprire un avviamento per i giovani, cercando una struttura, dei macchinari e dei maestri. Ad Amandola, oltre a me ce ne sono ancora 2, l’ultimo che è morto è stato Amedeo Marinozzi. Questa scuola ha bisogno di un locale dove poter invogliare i giovani, ma non è facile perché pensano subito al guadagno e poco alla realizzazione e all’istruzione. Per fare un mobile, invece bisogna essere istruiti sull’epoca e poi procedere”.

Non si reputa, però, un maestro, ma solo un innamorato del legno. “Ho imparato dai vari maestri che stanno in Amandola, tra i fondatori dell’ebanismo e del restauro”. Persone che hanno forgiato in lui una lunga ed emozionante storia, che continua a muoversi di casa in casa, oltre la sua magica Amandola.

 


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