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Renata Bastiani tra le più affermate esperte in “Educazione alla sessualità”

Esperienze in diversi consultori familiari, maestra ed ex membro della Commissione Nazionale Salute Donna del Ministero alla Salute, Renata Bastiani racconta:"In Italia manca una legislazione che promuova l’educazione alla sessualità nella scuola. Le proposte non mancano, ma sono ferme e ormai obsolete.".
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di Claudia Mazzaferro

Una maestra diremo ‘sui generis’. Non ama la cattedra e predilige il confronto diretto, arrivare alle emozioni più profonde parlando di sessualità. Membro della Commissione Nazionale Salute Donna dal 2003 al 2005, oggi Renata Bastiani è una delle più affermate consulenti ed esperte in “Educazione alla sessualità”. A scuola, con i bambini, i ragazzi e i genitori. A tu per tu con le paure, i dubbi e i rischi di diverse generazioni a confronto.

 

Passami questo pensiero. Prima di educare alla sessualità…non dovremmo educare alla gentilezza?

Assolutamente sì. Passa dalla gentilezza e dal rispetto l’approccio con l’altro. Sono questi i cardini del mio pensiero nell’affrontare le tematiche sessuali a scuola. E’ fondamentale indirizzare i bambini e gli adolescenti ad atteggiamenti di rispetto. Rispetto della differenza (non solo di genere). Il bullismo possiamo combatterlo solo così, sradicando comportamenti e pensieri di prevaricazione, qualsiasi sia il sesso a cui sono rivolti.

 

Membro della Commissione Nazionale Salute Donna dal 2003 al 2005. Quale era l’obiettivo di questa Commissione?

Eravamo professionalità diverse il cui comune obiettivo era la salute della donna a 360°, attraverso alcuni processi come il rinnovamento dei consultori, facilitare gli accessi alla prevenzione, alla genitorialità, nidi gratis, etc.

 

Tante belle promesse rimaste tali però. Il percorso che ti ha portata fin lì?

Dal 1978, prima nel consultorio privato Aied di Ascoli Piceno poi nel consultorio familiare e consultorio giovani della Asl di San Benedetto, mi sono occupata come assistente sociale e consulente di tematiche e problematiche che riguardavano la sessualità della donna, della coppia, la scelta contraccettiva per una maternità e paternità più responsabile e la sessualità disgiunta dalla procreazione. Molte le mie consulenze rivolte alle giovani coppie, alle ragazze, soprattutto, di età diverse che affluivano alla struttura con grosse carenze per ciò che riguardava la conoscenza del proprio corpo, la loro sessualità esperita con i sensi di colpa, resistenze frutto di una educazione tradizionale che ha prediletto il silenzio e la censura. Una sessualità non condivisa nell’intimità con il partner ma solitamente subita. Questi approcci mi hanno senz’altro sollecitata a formarmi su tali tematiche arricchendo i contenuti, il sapere, facilitando l’ascolto attivo e la comunicazione empatica, arricchendo la mia professionalità spesa così a favore dei giovani e quindi anche delle scuole. Tutto ciò ha contraddistinto il mio operato per la mia dedizione rivolta alla tutela e alle politiche per la donna.

 

Parlare di sesso a scuola insieme alla geografia e alla matematica. Come?

In Italia manca una legislazione che promuova l’educazione alla sessualità nella scuola. Le proposte non mancano, ma sono ferme e ormai obsolete. La famiglia pur attribuendosi il diritto a voler fare, in primis, essa stessa educazione sessuale ai propri figli, oggi più che mai sta verificando la difficoltà di intraprendere il percorso. Anche perché molti sono gli stimoli e i linguaggi sul sesso da parte delle nuove tecnologie. Quindi la famiglia comincia a delegare e ad apprezzare che la scuola le venga incontro senza toglierle il ruolo educativo ma compensando ed integrando. Il programma ha una parte teorica con informazioni e contenuti di tipo scientifico e una parte esponenziale che prevede una serie di giochi finalizzati ad esternare le proprie emozioni.

 

I genitori come ti accolgono?

Nei miei incontri nelle scuole di molti comuni del territorio ascolano e fermano, in generale molto partecipati, l’atteggiamento iniziale è quello di chi vuole conoscere linguaggi, finalità e metodologia dell’esperto e, in qualche caso, da posizioni ostili. Ma poi il mio approccio con loro, rispettoso, chiaro, rassicurante e competente fa sì che si pronuncino a favore ed autorizzino la partecipazione al percorso dei propri figli.

 

E i bambini?

L’approccio con i bambini è sereno, non giudicante, teso a fare chiarezza, a mettere ordine alle loro confusioni, a dare un senso al sesso, a collegare la sessualità alla sfera affettiva, a ricercare quelli che sono i valori della sessualità. Approcci tesi a favorire nuovi apprendimenti, trasmettere informazioni scientifiche, che vanno ad arricchire il loro sapere, per avere comportamenti consoni e divenire autori del proprio benessere e di quello dell’altro.

 

A che età possiamo iniziare a parlarne senza essere né anticipo né in ritardo?

Negli anni passati la classe prediletta da docenti e genitori era la terza media (oggi secondaria di I°) ma sono ormai 15 anni che vengo chiamata per i progetti nelle V classi della primaria. Questo perché i bambini di oggi sono sempre più curiosi, hanno un linguaggio sul sesso molto esplicito, con atteggiamenti da adulti che denotano mancanza di rispetto verso il proprio corpo, la loro età, la sessualità. Per non parlare della mancanza di rispetto delle differenze di genere e della diversità sessuale, una cultura sempre in auge. Oggi è fortissima l’esigenza di affiancare scuola e famiglia sui temi dell’affettività, della sessualità e del sesso. Non è raro sentire mamme preoccupate, e quindi in cerca di aiuto, perché il proprio figlio cliccando di nascosto dal computer o dal cellulare la parola sesso è entrato in un mondo di immagini crude, non adatte alla sua visione con immaginabili conseguenze sulla sua salute psicologica. Non è raro sentirmi dire dai bambini di V “sono andato su internet con un mio amico più grande e ho visto scene di sesso con animali o con la violenza”.

 

Esorcizzare le paure per aiutarli ad affrontarle?

Farli parlare è già esorcizzarle. Per non parlare poi delle domande sulla pedofilia, solitamente dribblate dai genitori e rinviate ad una età più grande. Quando poi, invece, è troppo tardi. I bambini vogliono essere rispettati non più presi in giro con la storia della cicogna o altre filastrocche sulla nascita. Non sempre, anche in questo caso, la scuola e gli insegnanti sono sereni nel passare messaggi veritieri e adeguati all’età. Per questo la figura dell’esperto che affianca l’azione educativa della scuola è importante. Le paure dei genitori sottendono resistenze personali, facili deleghe o rinvii per non assumere responsabilità; sottendono paure che la conoscenza invita poi a sperimentare, per cui il non sapere dei figli li rassicura e lasciano che sia il tempo che passa a fare la sua parte “La vita insegnerà.”

 

Sesso vs sessualità.

A scuola non si parla del sesso ma della sessualità legata all’affettività, la sessualità bella, quella delle emozioni, dei sentimenti, dell’amore, della riproduzione. Quella dei bambini nel rapporto affettivo/fisico con i genitori. E così via; una sessualità con peculiarità in ogni fascia evolutiva. Poi si parla della sessualità brutta che ritroviamo nella violenza sessuale alle donne, nella pedofilia, nella prostituzione. Nelle 3 classi delle medie sono anche altri gli argomenti sollecitati dai ragazzi, come le mutilazioni genitali, l’aids, la contraccezione, la pornografia, le devianze, le nuove forme per vivere la propria sessualità. E l’innamoramento con le nuove emozioni e i sentimenti sono i temi maggiormente gettonati. Non ultimo la tutela della salute sessuale. Ancora oggi nonostante tanta libertà nel linguaggio sessuale sentiamo dire che il piacere è peccato, quello solitario fa diventare ciechi, non fa crescere, che la pillola fa venire il cancro, che una circoncisione è purtroppo un handicap per l’uomo nell’intimità, che i preservativi si rompono facilmente per cui è bene non usarli e così via. Vige la disinformazione, in un’età particolarmente a rischio non solo per gli ormoni a mille ma perché si sperimenta sempre più precocemente senza consapevolezza e spesso senza sentimenti.

 

Il consultorio. Funziona o è ancora rifugio di donne in difficoltà?

Il consultorio familiare ha perso la sua originaria finalità: quella della prevenzione nelle scuole, e non solo, della tutela non solo fisico/riproduttiva, della salute della donna, della madre e del minore. C’è bisogno di un approccio più empatico, non è più possibile rimanere fermi dietro ad una scrivania aspettando che le persone arrivino sfiancate dai problemi e dalle preoccupazioni. C’è bisogno di andare incontro alla gente e di fare prevenzione a 360°, entrare nella vita delle persone dando loro gli strumenti per essere consapevoli. E questo prescinde la struttura fisica. Sono gli intenti ad essere ormai obsoleti e non rispondenti alle attuali necessità.

 

Un consiglio da Donna a Donna.

Ascoltare se stessi e imparare ad ascoltare davvero gli altri. Trascorrere tempo di qualità con le persone che amiamo, avere la sana curiosità di arricchire la propria esperienza di vita con quella degli altri, imparare ad amarsi per sentirsi vivi. Noi donne abbiamo il dono dell’empatia e dovremmo sfruttarla a vantaggio di chi non ne ha. Gentilezza e rispetto a qualunque età.

 

Hai un sogno che sia solo tuo?

Il mio sogno è fatto di fatti; scusa il gioco di parole. Mi piacerebbe estendere i percorsi di educazione alla sessualità nei vari gradi di scuola con operatori esperti, competenti, specie nella comunicazione e nel loro saper essere efficaci. Non ci si può improvvisare. Ho fatto parte della Commissione Nazionale Salute Donna del Ministero alla Salute per tre anni, ma sinceramente alle belle parole non sono mai seguiti i fatti.

 

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