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Esiste più “la” sinistra?…

Che siano i dazi di Trump o la tutela dei posti di lavoro della Brexit o la flat tax o il reddito di cittadinanza, l’ossessione di ogni movimento che si basa sulla demagogia, a qualunque latitudine, è l’economia, quella che in un’altra epoca si chiamava struttura ed era considerata il fondamento della società

 

 

di Giuseppe Fedeli (Giudice di Pace di Fermo e scrittore)

“Eppure la sinistra si decide sulla questione dell’uguaglianza, della riduzione delle disuguaglianze(…)”-N. Bobbio

Nessun pensiero laterale, trasversale: solo offerta politica mordi e fuggi, bric a brac, umoralità(amoralità?). Frammentata, spezzettata, disgregata, invece di occuparsi delle condizioni economiche dei lavoratori, la sinistra si è trasformata in una specie di pro-loco, impegnata ad organizzare cortei, manifestazioni e conviviali, incentrati su una generica rivendicazione di diritti per tutti, senza però dire come tali diritti possano essere fatti valere a livello economico. Non serve a nulla sventolare il tema dell’accoglienza fine a se stessa se manca un piano per evitare che i migranti finiscano ad essere sfruttati nei campi o abbandonati a sé stessi nelle piazze, con la prospettiva di passare il resto della loro esistenza vivendo del nostro pietismo. Non serve né alla sinistra né soprattutto ai migranti, perché l’unico a trarre vantaggio finisce per essere chi verso i migranti ha una certa qual “idiosincrasia” (leggi Salvini), il quale, sull’acuirsi delle tensioni esplosive dovute all’immigrazione, ha sfiorato uno sbalorditivo sorpasso nei confronti del PD. Nostalgica delle rivoluzioni che furono, dei Che e dei pgni alzati, prigioniera di un’ideologia spenta, smentita dal tempo, i cosiddetti “dem” parlano un linguaggio desueto per il terzo millennio. Alex Foti sostiene che “la prossima sinistra deve essere europea e transnazionale, perché una cultura cosmopolita è il migliore antidoto all’odio religioso e xenofobo”.

E ancora: “La sinistra deve appoggiare i movimenti di protesta che lottano contro l’oligarchia dei mercati finanziari e proporre soluzioni fiscalmente espansive alla Grande Recessione. La sinistra deve sostenere i giovani se vuole darsi un futuro, offrendo risposte concrete a quella generazione precaria che è la più penalizzata dalla crisi”. Ma, sopra ogni altra cosa, la sinistra “vera” deve levare gli scudi a favore della ’uguaglianza e della libertà, schierarsi per la democrazia attiva e la dignità umana, in qualsiasi campo e per tutti i soggetti, soprattutto i più deboli e svantaggiati..

Oggi, con l’ambizione di rivolgersi a un cosiddetto “paese normale”(?), la sinistra si è dimenticata dei problemi economici, e ha battuto solo sul tasto dei problemi etici. Risultato? «La sinistra è il campo di un grumo nevrotico, che gli anni di Renzi – con quel suo modo di considerare irrilevante il discorso degli altri – hanno alla fine persino esasperato», commenta sconsolato il regista Roberto Andò: «Ma è chiaro», aggiunge, «che, mancando una personalità che catalizzi il meglio, continuare a mettere avanti questo grumo come imprescindibile la condannerà allo scacco. Ora facciamo i conti con piccole vanità, mentre è tremendo veder come sia a rischio un intero patrimonio, una eredità ideale, una radice forte che a poco a poco svanisce». Mimmo Calopresti è ancor più disincantato: «La sinistra si è persa: ha cominciato qualche anno fa, sta andando avanti fino alla dissoluzione ». Affermando che «Il problema non è di Fratoianni, di Boldrini, e nemmeno di Renzi”, vuol centrare l’attenzione sul vero problema: e cioè che questi non hanno alle spalle una costruzione solida, “resiliente”. Che De Gasperi o Togliatti fossero dei “nomi”, non c’è bisogno di sottolinearlo. Il fatto è che non erano certo lasciati soli, forti di “elaborazioni, culture, mondi”, chiarisce Laterza. Ciò vale anche per i temi di bruciante attualità, come l’immigrazione: «La Lega dice il suo facile no, ma noi chi gli contrapponiamo, Papa Francesco? Per ragionare sull’accoglienza e i suoi limiti, sull’identità nazionale e fiducia – che sono temi complessi – serve una attrezzatura mentale condivisa che probabilmente non c’è: non si può ridurre tutto solo alla lotta tra la linea di Minniti e quella di Delrio, o alla scelta della soluzione in base ai voti che conquista”.

Davanti agli eccessi verbali di un Salvini o di un Grillo (o di Trump o degli altri populisti), gli opinionisti politici si scandalizzano; al contrario, la gente interpreta gli eccessi come provocazioni, magari discutibili, ma mirate a rispondere alle esagerazioni di segno opposto promosse dai media. Di qui (causa o effetto?…) la bagarre (tradotta in atti “eversivi”) fascismo/antifascismo, slogan riesumati per nascondere uno spaventoso vuoto di idee: pars destruens, numquam construens. Che siano i dazi di Trump o la tutela dei posti di lavoro della Brexit o la flat tax o il reddito di cittadinanza, l’ossessione di ogni movimento che si basa sulla demagogia, a qualunque latitudine, è l’economia, quella che in un’altra epoca si chiamava struttura ed era considerata il fondamento della società.

Prevalgono «gli sforzi machiavellici a mettersi insieme, che non corrispondono peraltro a possibilità reali di dialogo», chiosa Andò. Giustamente – osserva Viola Carofalo di Potere al Popolo (che non a caso ha ottenuto un risultato più che dignitoso, superando in alcuni collegi gli Uomini Buoni e le Donne Buone di Liberi e Uguali) “sembriamo radicali perché vi siete abituati a tutto” In sintesi, il voto italiano dimostra che in questo nuovo secolo l’unica sinistra che ad avere diritto di cittadinanza è quella di Bernie Sanders, di Jeremy Corbyn, di Jean-Luc Melenchon, il che è spia inequivoca del fatto che da oggi o si entra nel futuro o si muore: per farlo, la sinistra non deve fare altro che tornare alle proprie radici e alla sua identità, restando al passo coi tempi.


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