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Dalla mafia del Gargano
alle infiltrazioni nel Fermano,
la lotta del procuratore Seccia
alla criminalità organizzata

FERMO/GARGANO - Il capo della procura fermana: "Fondamentale che le azioni di antimafia giudiziaria e sociale si saldino. Nel Fermano la mafia non c'è. C’è comunque sempre da stare attenti. Penso allo spostamento di collaboratori di giustizia in questa terra. C’è anche qualche spostamento di mafie perdenti, qualche infiltrazione di calabresi, siciliani e casalesi però dire che c’è una forte penetrazione nel territorio, beh questo no"
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Al centro, il procuratore capo di Fermo, Domenico Seccia

 

di Giorgio Fedeli

LA LEZIONE DEL PROCURATORE AGLI STUDENTI

“No, non possiamo parlare di mafia nel Fermano. Ma, sì, ci sono fenomeni da monitorare con attenzione, questo sì”. 

Il procuratore capo di Fermo, Domenico Seccia è intervenuto ieri mattina all’auditorium delle Clarisse, a Monte Sant’Angelo, per incontrare i giovani studenti del Comune in provincia di Foggia, in un territorio martoriato dalle faide e delle guerre tra clan per quella che poi, grazie e soprattutto all’operato dell’attuale capo della procura fermana, sarebbe stata riconosciuta e codificata come mafia, la mafia del Gargano. Lui, infatti, uno dei massimi esperti di quella criminalità organizzata, autore di libri come “La mafia innominabile” e “La mafia sociale”, è stato il primo a battersi per farne addirittura riconoscere l’esistenza. A far capire al mondo intero che quella che si consumava da decenni in terra garganica, e che ha lasciato, e continua a lasciare, una lunga scia di sangue, non era una “semplice” faida. Il procuratore, già magistrato della Dda di Bari e ex- capo della procura di Lucera, nell’ambito del tavolo della Legalità promosso dal Comune, ha accompagnato gli studenti di Monte Sant’Angelo nei meandri della piovra garganica partendo proprio dai suoi studi. Dalla Puglia, sua terra natale, al Fermano, dove lavora e guida la procura del capoluogo. Con un grandangolo in grado di inquadrare simultaneamente i problemi e le criticità di due territori molto diversi. Ma entrambi da monitorare. E in cui diffondere il “verbo” della legalità, partendo dai giovani, dalle scuole.

 

Il procuratore capo di Fermo, Domenico Seccia

DAGLI STUDENTI PUGLIESI A QUELLI DI FERMO

Ieri a Monte Sant’Angelo, si diceva, mercoledì scorso al liceo Scientifico di Fermo per un incontro con le classi quinte organizzato dall’assemblea studentesca. Interazione totale con gli studenti dello Scientifico che hanno posto diverse domante al capo della procura fermana, soprattutto sul senso di responsabilità che si sentono di avere nei confronti dello Stato e della magistratura: “Sia quello sulla mafia, di cui ho parlato a Monte Sant’Angelo, che quello sulla corruzione, tema sviscerato con i ragazzi dello Scientifico di Fermo, sono discorsi che si inseriscono, ovviamente, nell’ambito della legalità. Il prossimo 21 marzo sarà proprio la giornata della Legalità e la festa nazionale viene fatta a Foggia. Anche a Fermo, come in Puglia, è stata una bella esperienza con i giovani. Con loro ho parlato di corruzione come momento di rottura della legalità, proprio come la mafia”.

LA CRIMINALITA’ NEL FERMANO

Certo, il paragone con il territorio pugliese, o calabrese, o siciliano o campano che sia, o di altre zone anche nel nord Italia dove la presenza della criminalità organizzata è ormai palese, non regge. Altrove la mafia e la criminalità organizzata sono tangibili, evidenti, e con le loro nuove generazioni arrivano addirittura a manifestare platealmente la loro presenza, a ostentare la loro impronta muscolare, in una spinta spasmodica a rivendicare il controllo di territori, quartieri, intere città. No, nel Fermano non si è arrivati a tanto. Ma anche da queste parti l’espressione ‘infiltrazioni mafiose’ non suona più di certo nuova. Nessuna zampata. Sibili?: “Siamo chiari. Quello pugliese e quello fermano sono territori diversi. Oggi a Fermo la mafia non c’è. C’è comunque sempre da stare attenti. Penso allo spostamento di collaboratori di giustizia in questa terra. C’è qualche spostamento di mafie perdenti, qualche infiltrazione di calabresi, siciliani e casalesi però da qui a dire che c’è una forte penetrazione nel territorio fermano, questo no“. “Nel Gargano oggi c’è un controllo maggiore del territorio – le dichiarazioni del procuratore Seccia – anche grazie a molte inchieste virtuose ma la strada da percorrere per sconfiggere la mafia è ancora lunga, c’è ancora molto da fare. Stiamo parlando di un fenomeno che si estende a raggiera. Come lo si può definitivamente sconfiggere? L’obiettivo può essere centrato solo se le opere congiunte dell’antimafia giudiziaria e di quella sociale si saldano totalmente. E ovviamente stiamo parlando di un discorso molto lungo. Riconoscere l’esistenza della mafia del Gargano è stato difficile perché era nel dna del territorio. Ciò che dà assistenza surrogandosi allo Stato, alla lunga si insinua nel dna del territorio. E smentirlo, combatterlo e revocarlo non è per nulla facile. Stiamo parlando di quella che è stata vista come una parte di identità territoriale che nella concezione del territorio stesso costituiva una caratteristica non negativa. Ecco perché il percorso è ancora lungo”.


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