Marche di domani,
tra sisma e innovazione
“La civiltà dell’Appennino è a rischio”

ANCONA – Conclusa la due giorni di convegno promosso dall'Univpm su sviluppo, lavoro 4.0 e coesione sociale

Il tavolo dei relatori, da sinistra Massimo Sargolini, Pietro Alessandrini, Stefano Lenci, Jonathan P. Stewart

Massimo Sargolini

 

La crisi economica prima, il sisma dopo, hanno cambiato radicalmente il volto delle Marche. Una regione da ricostruire, non più com’era, ma come sarà. Se ne è discusso all’Università politecnica delle Marche nella due giorni del convegno “Le Marche di domani: sviluppo, lavoro 4.0 e coesione sociale”. Nella seconda giornata di lavori di stamane, spazio ai temi della ricostruzione post sisma, introdotti dal professore Unicam Massimo Sargolini, che ha presentato la conclusione dello studio condotto dalle quattro università marchigiane (Camerino, Macerata, Politecnica e Urbino). Le conclusioni hanno prodotto gli undici sentieri per lo sviluppo dell’Appennino, studiati in collaborazione con l’Istao (leggi l’articolo), ma Sargolini non nasconde i suoi timori. “Ho le mie perplessità sul ritorno degli sfollati dalla costa, oggi la civiltà dell’Appennino centrale è a serio rischio – spiega Sargolini -. Per questo dobbiamo chiederci: per chi ricostruiamo? Attrarre per fare cosa? Dobbiamo capire quale comunità andrà a vivere, questo tema ha la stessa urgenza della ricostruzione dei beni architettonici e immobili”. Gli undici sentieri rispondono dunque a questa domanda, mettendo in fila 135 progetti cantierabili per creare più di 10mila posti di lavoro, che andranno oltre la fase “assistenziale” della ricostruzione. “Siamo partiti volendo ricostruire tutto com’era e dov’era, ma oggi siamo già ad una terza fase: la ricostruzione ne dov’era, ne com’era.

Pietro Marcolini

Lo dico con la gravità di un macigno, ma è un dato di fatto. Ingegneri strutturisti e geologi sanno che non è possibile ricostruire tutto com’era e dov’era e che già ora si stanno ricostruendo borghi e brani di città altrove” sottolinea Sargolini. Durante la mattinata, il professore dell’Università della California Jonathan P. Stewart, impegnato nel sisma dell’Italia centrale del 2009 de L’Aquila e del 2016 di Marche e Umbria, ha portato l’esperienza californiana nella gestione del rischio sismico. “L’Italia si è mossa con una risposta legislativa di reazione al terremoto, ma molto è stato imparato per mettere in pratica una politica pro-attiva – ha spiegato Stewart -. Per fare questo serve che gli esperti e la comunità scientifica coinvolgano i leader locali, i rappresentanti delle comunità, la stampa e politici che hanno una visione a lungo termine, per comunicare messaggi chiari e semplici che trovino il consenso delle comunità locali”. Il professore Stefano Lenci del dipartimento Ingegneria edile e architettura ha fornito il suo punto di vista tecnico sulle buone pratiche per le costruzioni antisismiche. Conclusioni affidate al presidente Istao Pietro Marcolini, che ha rilanciato la necessità di una visione strategica della ricostruzione. “Stiamo disperdendo risorse economiche e ambientali – ha commentato Marcolini -. Un esempio sono le scuole: la ricostruzione si basa già su un programma che sappiamo essere insostenibile. Giunta e Consiglio regionale dovranno coordinare tutti i piani regionali, come quello socio sanitario, quello dei trasporti o del turismo, in questa ottica di evitare gli sprechi.

Jonathan P. Stewart

Il tema della ricostruzione deve essere il driver dell’economia dell’Italia centrale. Non all’interno di un quadro dirigistico e pianificatore, ma assecondando uno sforzo unitario per far convergere le forze. Il mid-term review delle risorse comunitarie è passato come se nulla fosse, continuando ad impiegare le risorse negli stessi temi. Entro dicembre la Comunità europea concluderà la programmazione dei fondi 2021/2027 e se non cambieranno le risorse, Marche, Umbria e Abruzzo rientreranno nei criteri delle regioni svantaggiate. Dobbiamo domandarci quale sviluppo tramite l’innovazione tecnologica possono avere le aree interne”.

“Allineare il progetto dei Nuovi sentieri di sviluppo con il lavoro che sta portando avanti l’Istao per giungere ad una proposta forte, concreta, lungimirante, capace di dare prospettive e speranze a quei territori”. Questo, invece, il messaggio lanciato dal presidente del Consiglio regionale delle Marche, Antonio Mastrovincenzo.
La sessione di questa mattina, dedicata a “Ricostruzione nelle aree terremotate e sviluppo delle aree interne”, è stata anche occasione per ricordare “l’impegno tempestivo e a tutto tondo del Consiglio regionale nell’immediato post-sisma e che, a tutt’oggi, si dipana su più fronti. Un impegno sul piano legislativo, di indirizzo e sempre in sintonia con chiunque fosse interessato ad offrire il proprio contributo – ha affermato Mastrovincenzo, ricordando, in tal senso – le sedute tematiche del Consiglio regionale, l’approvazione della legge sull’antisismicità degli edifici, la risoluzione che proponeva la sottoscrizione di un patto per lo sviluppo, i seminari itineranti di Marcheuropa, organizzati nelle località del cratere sismico, il coordinamento operativo dei Consigli regionali di Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo, le tante audizioni parlamentari. Poi, come noto, il filone della ricerca, con l’affidamento alle quattro Università marchigiane e a quella di Modena e Reggio Emilia del compito di realizzare lo studio di cui si è parlato anche sabato scorso al Convegno che si è tenuto a Camerino. Un progetto – ha affermato Mastrovincenzo – rispetto al quale il Consiglio regionale va fiero perché è stato portato a termine nei tempi previsti (sei mesi), perché è riuscito a far da collante tra gli atenei, perché si è avvalso della competenza e della professionalità di docenti e ricercatori, perché, infine, ha coinvolto i sindaci dei comuni delle aree terremotate. Il Consiglio regionale – ha concluso Mastrovincenzo – intende tradurre questo grande lavoro in un atto da ratificare in Aula, entro giugno, e sarà sempre da stimolo, affinché questo percorso di ricostruzione e rinascita si porti a compimento e contribuisca ad evitare il rischio spopolamento di quei territori”.

A tirare le conclusioni della due giorni di lavori è stato il rettore Sauro Longhi. “Il progetto è partito dalle trasformazioni in atto sul mondo del lavoro indotte e guidate dalla tecnologia, ma non solo. Questi cambiamenti sono stati causati anche dalla riorganizzazione dei processi e dalla nascita dei nuovi mestieri – ha spiegato Longhi -. Da questa necessità è partito il convegno e dalle domande: dove indirizziamo le nostre attività di sviluppo? sulle nuove professioni? Sui bisogni? Una parte della nostra regione ha manifestato recentemente delle esigenze, è vero che le aree interne, appenniniche, avevano delle necessità già mostrate, ma con il terremoto si sono acuite. Ora dobbiamo ricostruire, o meglio ridisegnare e farlo insieme per trasformare necessità in opportunità pensando ai territori per renderli più attrattivi – ha concluso Longhi -. Era l’obiettivo di questo convegno che è stato solo un primo passo perché coinvolgendo le università e gli enti ricerca lo rifaremo, posso giù dire che ci sarà la seconda edizione

(foto Giusy Marinelli)

L’intervento del presidente Mastrovincenzo


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