Si è svolta a Monte San Pietrangeli la conferenza su Aldo Capitini. Organizzata dalla Casa della Memoria di Servigliano in collaborazione con l’Università per la Pace di Ancona. Nella bella sala teatro comunale, insieme a Giuseppe Amati e a Marco Pazzelli che rappresentavano il Comune di Monte San Pietrangeli, c’erano Paolo Giunta La Spada, direttore scientifico della Casa della Memoria di Servigliano, Nazzareno Quinzi dell’Università per la Pace e Giuseppe Moscati, del Centro Studi Aldo Capitini di Perugia che hanno intrattenuto i presenti su una figura straordinaria della cultura italiana.
Antifascista, Aldo Capitini, perse il posto di lavoro e fu incarcerato per le sue idee, ma non era propriamente un politico, piuttosto un religioso, ma un religioso sui generis. Denunciava la vergogna di una Chiesa che con gli accordi concordatari aveva dato credibilità al fascismo. Nel dopoguerra scriveva “Religione aperta” e le autorità cattoliche mettevano il libro, bellissimo e attuale anche oggi, nell’Indice dei libri proibiti.
Era liberale, ma metteva in guardia contro gli eccessi individualistici del liberalismo, nutriva simpatia per le idee socialiste, ma detestava i rischi totalitari dello statalismo burocratico. Concepiva la democrazia come “omnicrazia” con il coinvolgimento di tutti. Era un uomo d’azione, come Mazzini, per l’impegno civile; come San Francesco amava una religiosità autentica lontanissima da dogmi e all’opposto delle ipocrisie così comuni nel mondo ingessato del cattolicesimo ufficiale.
La Chiesa giunse a considerarlo “pericoloso”, lui chiese di essere “sbattezzato”.
In pieno fascismo era diventato vegetariano, quando essere vegetariani non era certo di moda.
“Nel 1937, l’anno dell’assassinio da parte dei fascisti dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, Capitini fu con Guido Calogero uno dei fondatori del liberalsocialismo”, ricorda Paolo Giunta La Spada: “Capitini promosse i Centri di Orientamento religioso e i Centri di Orientamento sociale, luoghi in cui”, ricorda il professore, “si favoriva il libero confronto senza i limiti dogmatici imposti da Chiesa e partiti, e senza stabilire confini tra politica e religione, educazione e filosofia, economia ed etica”.
Aldo Capitini, promosse la Consulta della Pace e fu uno strenuo difensore della scuola pubblica.
“La sua teoria della nonviolenza”, afferma Giuseppe Moscati, “si basa sull’impegno attivo. La pace per lui non era un periodo tra due guerre, ma si legava alla pratica concreta della fratellanza universale”.
“Capitini è un esempio morale da seguire”, afferma Nazzareno Quinzi, “ci offre un sistema di valori da riscoprire in modo nuovo”.
Giuseppe Moscati e Paolo Giunta La Spada raccontano diversi episodi della vita di Aldo Capitini.
Il direttore scientifico della Casa della Memoria dice che la “non collaborazione con il male” era uno dei punti salienti del pensiero di Capitini e sviluppa un parallelo con l’esempio della Resistenza civile contro il nazifascismo nel fermano.
I presenti fanno domande, molti pongono l’attenzione sull’attuale epoca di violenza verbale e mediatica, l’interesse è vivo, si ribadisce l’importanza del dialogo interculturale e interreligioso, l’esigenza del confronto contro la violenza e l’odio.
A fine serata la sensazione è che, a cinquant’anni dalla sua morte, Capitini stia per essere riscoperto e finalmente compreso, studiato, considerato per il grande valore che occupa nella storia della nostra cultura e della nostra identità civile.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati